Mese: dicembre 2016

E anche il 2016 se ne va…

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Sii sempre in guerra con i tuoi vizi, in pace con i tuoi vicini, e lascia che ogni nuovo anno ti trovi un uomo migliore…”

Benjamin Franklin

Un altro anno che finisce, un altro anno da porre a bilancio.

E il consuntivo è naturalmente un dare e avere, una serie di eventi belli e di altri meno belli, di desideri realizzati e di altri frustrati. Non si può sfuggirvi, è ineluttabile questo scorrere del tempo.

Insomma, i San Silvestro e i Capodanni sono posti lì come dei chiodi, come delle boe attorno a cui passare: è una cosa che possiamo soltanto accettare, nulla più.

Che dire d’altro? Solo un sereno 2017, amiche e amici ❤

paola

Semplicemente, Buon Natale!

 

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Faccio mio l’augurio della grande Alda Merini con una sua splendida poesia.

E se in questa festa invece di cose regalassimo altro?  Magari,tempo, accoglienza,  tenerezza,  calore, presenza… sono certa che sarebbe  per tutti uno splendido Natale.

Auguri a tutti voi!

paola

BUON NATALE

A Natale non si fanno cattivi

pensieri ma chi è solo

lo vorrebbe saltare

questo giorno.

A tutti loro auguro di

vivere un Natale

in compagnia.

Un pensiero lo rivolgo a

tutti quelli che soffrono

per una malattia.

A coloro auguro un

Natale di speranza e di letizia.

Ma quelli che in questo giorno

hanno un posto privilegiato

nel mio cuore

sono i piccoli mocciosi

che vedono il Natale

attraverso le confezioni dei regali.

Agli adulti auguro di esaudire

tutte le loro aspettative.

Per i bambini poveri

che non vivono nel paese dei balocchi

auguro che il Natale

porti una famiglia che li adotti

per farli uscire dalla loro condizione

fatta di miseria e disperazione.

A tutti voi

auguro un Natale con pochi regali

ma con tutti gli ideali realizzati.

(Alda Merini)

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La moda come emancipazione femminile, un po’ di storia!

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I cambiamenti sociali, si sa, non sono circoscritti, ma vengano riflessi in ogni sfera del reale e non solo: prima di tutto si manifestano nella sfera artistica, in quel mondo che lancia un ponte tra sogno e realtà a tutti, ma che pochi possono comprendere, interpretare e intuire prima che il cambiamento venga a “bussare”materialmente alla nostra porta.

E la moda è, senza dubbio, espressione sottile di questa conoscenza  originale e sensibile, precorre le atmosfere che viviamo e che vivremo, ha un “fiuto” particolare.

Nel corso del ‘900 questa qualità, quasi preveggente, si è manifestata in una delle lotte fondamentali dell’umanità per l’uguaglianza e la democrazia, quella per l’emancipazione femminile; il ruolo della donna ha compiuto un percorso in continua ascesa, che nel mondo della moda ha corso lungo quel doppio canale per cui le tendenze anticipano, ma allo stesso tempo, confermano il perenne riassestamento sociale.

Il ‘900 è stato un secolo che l’uomo ha quasi dovuto rincorrere per stare ai tempi, come d’altronde la donna stessa e la sua affermazione che minacciava di spostarlo dal podio. Dalla seconda rivoluzione industriale tutto ciò fu molto evidente: in Inghilterra le fabbriche tessili iniziarono a determinare una grande trasformazione nel vestire, fornendo buoni tessuti a prezzi sempre meno elevati e moltiplicando quelli leggeri, colorati, esotici e decorativi, decisamente adatti per l’estate e i sabati danzanti, per una donna che ormai poteva frequentare ambienti mondani di ogni genere.

Tra il 1890 e il 1910 l’affermarsi della fabbricazione in serie abbassò i costi e rese accessibili gli abiti anche ai ceti meno abbienti, soprattutto dopo la distribuzione sempre più diffusa nei grandi magazzini. La moda viene presentata in tutto il suo splendore dagli anni ’50 in poi: il mondo viene travolto dal “New Look” del francese Christian Dior, tra spalle scoperte e scollature vertiginose, e Parigi diventa la capitale della moda, con l’arrivo del rock n’roll nelle sale da ballo . C’è spazio per reggicalze, mini abiti e soprattutto minigonne, grazie alla novità introdotta dalla stilista Mary Quant.moda-anni-60-abiti-a-righe (altro…)

Adele Cambria, penna ribelle del femminismo!

A me non piace piacere a molti, ma ai pochi a cui piaccio”.

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É trascorso appena un anno dalla sua morte e mi sembra ieri.

Ho avuto difficoltà, e l’ho ancora, a scrivere di Adele Cambria perché mi é difficile accettare la scomparsa di una persona libera e coraggiosa, spesso scomoda, ma che non si é mai piegata agli imperativi del tempo. Mi sarebbe piaciuta conoscerla di persona, ma mi sono dovuta accontentare  della lettura di molti suoi libri. L’ho seguita nelle sue battaglie per la parità di cui si è parlato negli anni e che é ancora lontana ad arrivare.

Adele aveva un’idea assolutamente precisa e personale delle storture sociali, provocate dalle disuguaglianze e dalle ingiustizie, come pure dalle cattive relazioni fra i generi, basate tutte sull’assoggettamento di un sesso sull’altro. La natura di combattente poteva farla apparire spesso aspra, ma non era così. Appassionata, mai settaria o ideologica, riusciva a parlare con tutti e a costruirsi in autonomia una propria visione del mondo, spesso fuori dal coro, pagandone le conseguenze in termini di carriera nei giornali nazionali dove ha lavorato.

Spirito inquieto, estremamente curioso delle tante forme della vita sociale, con la sua penna passava tranquillamente da un articolo sulle  sfilate di moda a Firenze a quello sui migranti di Badolato ( Reggio Calabria), sempre con la stessa grazia e un forte senso dell’autoironia, non dimenticando il suo amore per l’uguaglianza, e la passione nel raccontarsi e nel raccontare le donne.

Nata a Reggio Calabria nel 1931, si laurea in Giurisprudenza a Messina e arriva a Roma negli anni ’50 con un preciso obiettivo: quello di scrivere. Voleva caparbiamente essere testimone del mondo a lei contemporaneo e diventare giornalista come suo marito Bernardo Valli da cui poi divorzierà. La sua casa romana diventa così luogo di incontro fra artisti e intellettuali del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini del quale diventerà amica carissima e attrice in alcuni suoi film. Nel 1956 entra nel mondo del giornalismo e scrive per “Il Mondo” di Mario Pannunzio  con “colonnine di costume” che il direttore le faceva firmare con un non de plume: Leone Paganini. Leone per la forza espressiva delle sue note, per il coraggio e forse anche per un pizzico di incoscienza che l’aveva spinta da Reggio Calabria a Roma: lei esile, brunetta, dagli occhi azzurri e col pallino del giornalismo.

Quanto al perché del cognome  Paganini lo ricorda Adele stessa “Mario Pannunzio sviolinava nell’aria con le sue mani curatissime, ed era tutto! Tempi favolosi, vivevo nel miracolo”. Subito dopo ha l’occasione di debuttare in un quotidiano innovativo e coraggioso, “Il Giorno” , diretto da Gaetano Balducci. Ci lavora a lungo sino ai primissimi anni ’80. Ha già alle spalle le vicende del quotidiano ” Lotta Continua”, di cui è stata direttrice responsabile e trascinata in giudizio (poi assolta) per la pubblicazione di un articolo sull’assassinio del commissario Luigi Calabresi, così come già ha scritto e scrive per altre testate del calibro di “Paese Sera”, “La Stampa”, “Il Messaggero”, “L’Europeo”, “L’Espresso”, “Il Diario”, “L’Unità”. (altro…)

Émile du Châtelet, una delle donne dimenticate dalla storia!

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“Non posso vivere senza questa signora che ammiro come fosse un grand’uomo e amico più fedele e più rispettato. Ella comprende Newton; ella ha in odio la superstizione, in una parola, mi fa felice”. (Voltaire)

Se vogliamo ricordare il Settecento, e in particolare il “Secolo dei lumi”, ci vengono subito alla mente tutte le più grandi menti di quel periodo che hanno apportato un grande balzo verso la modernità… Ma sono tutte maschili! Ci fu, invece, una donna che brillò nella prima metà del ‘700, per la propria intelligenza e cultura, tanto da superare molti dei suoi contemporanei, che è stata purtroppo ricordata dalla storia solo come l’amante di… Questa donna è Émile du Châtelet.

Gabrielle Émile Le Tonnelier de Breteuil nacque a Parigi nel 1706, sotto il regno di Luigi XIV, da un’illustre famiglia aristocratica, dedita alla cultura e al sapere. Émile non deluse le aspettative della sua famiglia e  studiò il latino, l’italiano, l’inglese, la matematica, la letteratura, il teatro e, cosa non comune per una donna, addirittura si occupò di politica.

“Innamorata delle scienze fisiche e delle teorie di Leibniz e di Newton, le studiava con un rigore tale da fare arrossire gli altri intellettuali”.

Émile, oltre alla cultura e all’intelligenza univa anche fascino e bella presenza tale da essere molto amata e molto corteggiata. Nel 1725 andò in sposa ad un aristocratico, Louis Marie Florent du Châtelet (1727 -1793), un marito molto accomodante per lo spirito libero nella mente e nel corpo di Èmile, che non perse occasioni di avere relazioni extraconiugali. Questo fino all’incontro con Voltaire nel 1733. Francoise-Marie Arouet (1694 -1778) era in quel periodo già popolarissimo e affermato, “uno degli esponenti di punta del movimento dei philosophes“, lui era un quarantenne ambizioso, lei una donna della brillante societá. E così divennero subito amanti.

Ma, diversamente da altri amanti, Voltaire fu il primo a riconoscere nella persona di Émile una posizione non inferiore alla sua, sia sul piano intellettuale che su quello sessuale. Nel castello di Cirey (appartenente al marito), gli amanti discutevano davanti a una tazza di caffè, mangiavano e poi si dedicavano ai loro studi, cenavano e leggevano poesie.

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