Mese: luglio 2020

Cerchiamo l’estate…

cagliari-660256_1920-1000x600

 

«Sai che dice il Rig-Veda?
La bellezza sorprende ogni giudizio;
e l’amore non sa contare i giorni».

-=o*o=-

Amici 
mi prendo del tempo
prima che l’estate trascorra
vorrei
(dovrei)…
sorridere ai giorni
leggere camminare
… e avere cura

Buona estate a tutti, ci rivedremo ai primi di settembre!

Paola

 

Jeanne Baret, la prima donna che circumnavigò la Terra

Nacque 280 anni fa e il 27 u.s. è stata celebrata dal doodle di Google

Barbara Pym, una penna sommessa e ironica

copertina-barbara-pym

Nacque il 2 giugno 1913 a Owestry, nello Shropshire, una contea al confine con il Galles. Il padre era avvocato e la madre di origine alto-borghese, e fu proprio lei a spronarla a scrivere, fin dai suoi dieci anni. Barbara studiò a Liverpool e si laureò in Lingua e Letteratura inglese a Oxford nel 1934. Durante la guerra prestò servizio all’Ufficio censura di Bristol e nelle fila del Wrens (Women’s royal naval service). Al termine del conflitto trovò lavoro come ricercatrice all’Istituto internazionale di cultura africana, a Londra, e redattrice della rivista “Africa”.


Da tutte le esperienze trasse ispirazione per i suoi romanzi, il primo pubblicato fu Some Tame Gazelle, nel 1950 (Qualcuno da amare, La Tartaruga, 1994). Seguirono Excellent Women(1952), Jane and Prudence (1953), Less than Angels (1955), A glass of Blessing (1958), poi, inspiegabilmente, il suo editore Jonathan Cape, e come lui molti altri, si rifiutò di pubblicare  An Unsuitable Attachment, uscito postumo nel 1982, come anche An Accademic Question, nel 1986.

Erano gli anni Sessanta e la sua prosa, priva di ribellismo e passioni forti, ritenuta anacronistica per quei tempi, non attraeva più. Per l’autrice cominciò un lungo silenzio, un vero e proprio oblio, in cui, nonostante l’amarezza, continuò a scrivere e a dedicarsi al suo lavoro londinese, fino alla pensione, che arrivò nel 1974, allorché decise di  andare a vivere, con la sorella Hilary e gli amati gatti, a Barn Cottage, nel villaggio di Finstock, Oxfordshire.

FOTO 1. barbara-pym immagine

Ma cosa le veniva rimproverato? Barbara Pym scriveva di amenità come camere d’affitto in edifici condivisi, ristrettezze normali del dopoguerra, pesche di beneficienza, lavoro e rapporti tra colleghe e colleghi, traslochi, garden party in quartieri non completamente ricostruiti, cura dei fiori in chiesa, razionamento del cibo, infinite tazze di tè offerte, ricevute e desiderate.

Poco importanti le trame, che vedevano in azione pensionati, impiegate, bibliotecarie, antropologi, curati anglicani da sposare, tipi e tipe eccentriche, persone non particolarmente belle, eppure affascinanti, donne incuranti del loro aspetto, che magari indossavano vestiti smessi da altre, molto attive in parrocchia.

Scriveva di zitelle sicure di sé, quando ancora la parola single non le designava, che sapevano vivere senza un uomo, un amore, dignitosamente sole, o che anelavano ad affetti pacati con uomini apparentemente noiosi e coltivavano molti interessi, attive nella comunità accademica, o in campagna, o in parrocchia. Insomma “donne eccellenti”, come il titolo del suo più celebre romanzo (La Tartaruga, 1985, il primo tradotto in italiano).

Raccontava una vita apparentemente tranquilla che nascondeva nevrosi e rimpianti, sublimati nella devozione, o nell’impegno personale, nelle buone maniere o nel pettegolezzo appena accennato. Un mondo molto british dove non scoppia la tragedia e la quotidianità, semplicemente banale, è pur sempre un’opportunità di vita.

 

(altro…)

“Becoming. La mia storia”, Michelle Obama

Michelle Robinson, ragazza del South Side di Chicago è tipo da “spuntare le cartelle”, affronta con determinazione i problemi che le si presentano, è meticolosa e cura molto i dettagli.

Nata  in una famiglia modesta che vive in affitto nella casa di una zia, personaggio centrale nella vita di Michelle, incarna la fermezza e il rigore e le insegna a suonare il pianoforte,  il padre è operaio municipale, la madre si occupa della famiglia e della casa. Michelle cresce in una cerchia parentale articolata e affettuosa, incoraggiata a proseguire gli studi, anche se rappresentano un problema economico per i suoi genitori.

Determinata, anche se non sempre brillante negli esiti scolastici, diventa avvocata in uno studio importante e, dopo alcuni legami sentimentali,  incontra un uomo con una storia familiare frammentata ma non meno ricca di affetti, ottimista, intelligente, con uno spiccato senso della comunità e un forte desiderio di cambiare il corso della vita a chi gode di meno diritti. Michelle diventa la signora Obama e dopo qualche anno sarà sotto i riflettori di tutto il mondo come la prima First lady nera.

È un libro utile da leggere? Non saprei, in alcune parti, soprattutto dopo la prima e seconda elezione a Presidente di Barack Obama,  ho dovuto trattenere l’irritazione perché infastidita dai lunghi elenchi di persone e fatti, per tacere delle modalità di scelta degli abiti di Michelle,  la sottolineatura sulla presenza di consulente di immagine, parrucchiere e truccatore, e poi gli elogi reiterati allo staff, la costante e ribadita esternazione  dell’attenzione per le figlie, in ogni momento, in ogni situazione, insomma qualche ridondanza di troppo.

Come tanti libri di questo tipo, più che un autentico memoir è un’operazione editoriale curata da un numero imprecisato di addetti, basta controllare l’elenco corposo dei “ringraziamenti”, e non si intuisce quale parte abbia realmente avuto “l’autrice” nella scrittura.

Tuttavia posso capire che la popolarità di cui ha goduto la signora Obama sia stata tale da suscitare molto interesse fino alla curiosità di conoscere i particolari della sua infanzia e della sua vita alla Casa Bianca, e il successo di vendita del libro sembra provare tale ipotesi.

La lettura è stata comunque piacevole nelle parti in cui Michelle racconta i progetti e gli sforzi compiuti, come First lady, senza tracimare nell’azione politica.

Il potere di una first lady è uno strumento curioso, inafferrabile e indefinito come il ruolo in sé. Eppure stavo imparando a utilizzarlo. Non disponevo di un’autorità di tipo esecutivo. Non comandavo truppe e non dovevo svolgere compiti formali di diplomazia. La tradizione voleva che dispensassi una luce delicata, lusingando il presidente con la mia devozione, lusingando la nazione in primo luogo senza sfidarla. Cominciavo a capire, tuttavia, che se usata con attenzione quella luce era potente.

 

 

(altro…)

Che cosa pensa il dott. Burioni delle donne “brutte”

 

 

 

burioni-tweet

 

Il Dott. Burioni è un medico diventato noto per il suo lavoro divulgativo sui vaccini e, ultimamente, sul coronavirus.

Burioni quindi si occupa di salute e di scienza, non è di certo un presentatore di Miss Italia?!

E queste sono le sue esternazioni: “Quando in giro vedo una donna brutta, la guardo sempre con attenzione. Nel 99.9% dei casi, mi rendo conto che se si curasse, se dimagrisse e via dicendo, non diventerebbe bella, ma certo di aspetto non sgradevole. Una volta che si è non sgradevoli, la partita è aperta. Fidatevi.”

C’è talmente tanto di sbagliato in questa frase, che non so nemmeno da che parte incominciare.

Proverò da qui:

1. Tutti, sia uomini, ma anche troppo spesso le donne, si sentono legittimati, per non dire in dovere, di esprimere il proprio parere sul corpo delle donne: bello, brutto, magro, grasso, vecchio, giovane, come se fosse un oggetto in mostra al mercato. “Il corpo delle donne è di dominio pubblico” ha detto Michela Murgia e così, purtroppo, è: se sei donna, il tuo corpo non appartiene a te, ma è a disposizione per le critiche e i commenti di tutti.

2. Cosa vuol dire, esattamente, essere una donna “brutta”? Non essere conforme ai canoni estetici imposti, per caso? Ma sbaglio o la bellezza dovrebbe rientrare nei gusti ed i gusti dovrebbero essere soggettivi, quindi non dovrebbero esserci donne “brutte” in senso assoluto, ma solo donne che possono rientrare o meno nei gusti di qualcuno?

3. Il termine “sgradevole” – la Treccani riporta questo significato: [di persona che provoca fastidio, noia, molestia ≈ antipatico, fastidioso, importuno, molesto, noioso, scocciante, seccante, spiacevole, detestabile, insopportabile, odioso.] Non vedo il termine brutto rientrare nel significato di sgradevole, anzi, vedo tutti attributi relativi al comportamento della persona, non al suo aspetto. Forse Burioni pensa che essere “brutti” fuori, voglia dire essere brutti anche dentro?

4 Una donna, per essere ritenuta “gradevole” deve essere solo “bella”? Essere simpatica, intelligente, interessante, colta, altruista, gentile, ecc., non serve a niente se non si è belle fuori? E io che pensavo che la cosa più importante fosse la personalità…

5. Quella “partita aperta”, di cosa parla? Di briscola, non credo. Parla forse di “essere considerate dagli uomini”? Eh certo, una donna se non è considerata dagli uomini non vale niente, anzi, non è niente, non esiste, non ha senso di essere su questa Terra, perché si sa, le donne sono state create per il diletto degli uomini, solo così possono esistere, altrimenti niente.

(altro…)