II giorno entra con rosa di pozzanghere e Pasqua fra le nuvole. Operai ripitturano la casa che adesso ride a metà, dov’è più chiara; d’in cima al muro si gettano la voce. Profumi arrivano e partono. Lo giuro: oggi non spierò nella vetrina le mie occhiaie appassite. Non leggerò i giornali del mattino. Non mi metterò in croce!
Entrerò nel bar che si sbrina in vapore vermiglio sugli specchi, scavalcando i due cani stesi al sole – madre e figlio. – Avrò l’aria felice. Ordinerò un caffè, sceglierò cartoline per amici lontani.
(da Il tredicesimo invitato, Garzanti, 1980)
Voglia di tranquillità e di felicità, quella delle piccole cose: del sole ritornato, di un caffè bevuto al bar, di una breve vacanza per la Pasqua nella casa di campagna: quella che assapora la poetessa romana Fernanda Romagnoli.
E sì: la felicità, come l’amore, deve essere necessariamente un po’ egoista, perché basta poco a guastarla: la lettura dei giornali con le loro cattive notizie, ad esempio (o, venendo ai giorni nostri, i troll che non sanno gestire una conversazione sensata sui social).
Fernanda Romagnoli (Roma, 5 novembre 1916 – 9 giugno 1986), poeta italiana. Visse un’esistenza chiusa e riservata, al seguito del marito militare a Firenze, Pinerolo e Caserta. Esordì nel 1943 con Capriccio, cui fece seguire Berretto rosso (1965), Confiteor (1973) e Il tredicesimo invitato (1980)
Durante la seconda Guerra Mondiale le donne poterono compiere per la prima volta una scelta libera, ossia quella di far parte di un “movimento” che prese il nome di Resistenza Partigiana.
Grazie ad esso le donne si ribellarono alla società patriarcale e alla educazione fascista che considerava la donna come “la pietra fondamentale della casa, la sposa e la madre esemplare”.
Le donne nonostante abbiano partecipato così attivamente alle lotte partigiane, rischiando anche la vita per difendere i loro ideali, non riuscirono a ribaltare la percezione della società rispetto al loro ruolo nella quotidianità anche a causa della Costituzione che poneva dei limiti sulla loro figura, sia sul piano lavorativo sia su quello personale. I loro obiettivi non si realizzarono appieno e per questo la loro lotta per gli ideali viene considerata una rivoluzione a metà e rappresenta uno dei punti di partenza per l’emancipazione femminile.
Con il referendum del 2 Giugno 1946 (diritto di voto anche alle donne) si stabilì l’uguaglianza formale fra i sessi e nel 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, fu sancita la parità tra gli uomini e le donne (art.3/29/31/37/51)
Gli anni Settanta/Ottanta rappresentano il periodo più importante per il movimento femminista italiano, che riesce a raggiungere obiettivi significativi:
1) l’adulterio femminile non è più reato;
2) viene approvata la legge sul divorzio;
3) parità tra uomini e donne nel campo del lavoro
4) viene cancellato l’articolo che punisce la propaganda di anticoncezionali;
5) approvazione legge dell’aborto;
6) per la prima volta un ministro donna (Tina Anselmi);
7) prima donna presidente della Camera ( Nilde Iotti).
Ancora oggi si combatte per l’emancipazione femminile sia in Italia che nel resto del mondo.
Leggendo i documenti relativi alla lotta partigiana che raccontano la storia di donne e uomini che hanno perso la vita e dei pochi sopravvissuti che sono stati premiati con le medaglie d’oro, si è smosso qualcosa dentro di me. Questo qualcosa è probabilmente relativo a ciò che avrei fatto io rispetto a quella situazione. Probabilmente non avrei avuto il coraggio di affrontare una situazione così grave, un percorso così difficile, rinunciando alla gioventù, ai primi amori, le amicizie, alla propria famiglia.
E invece queste donne e questi uomini al tempo giovani ragazze e ragazzi hanno messo da parte i loro timori, i loro sogni, le loro ansie e le esperienze di vita per dare spazio ai propri ideali. Hanno combattuto e sono morti per portare avanti le loro idee e coloro che sono sopravvissuti hanno continuato negli anni a raccontare quello che gli è costato di più.
Tante sono le testimonianze e soprattutto di coloro che raccontano quanto fosse terribile e soprattutto difficile uccidere le persone, perché nonostante fossero tedeschi, fascisti, brutte persone, un giovane o una giovane non uccidono.
In tutto ciò un ruolo preponderante nella Resistenza è stato occupato dalle donne. Le donne non facevano parte dei giovani eserciti fascisti, ad esempio, quelli dei Balilla, quindi non si sono ribellate soltanto alla politica del tempo, ma hanno compiuto una libera scelta, quella di non rimanere in disparte.
È proprio su questo che si basa l’importanza che le donne hanno avuto in quel periodo storico e che si è protratto sino ai giorni nostri. Oltre alla emancipazione femminile ricordiamo anche la nascita del Sistema Sanitario Nazionale voluto dalla partigiana Tina Anselmi.
Bisogna riflettere su tutto ciò, e soprattutto di questi tempi, perché probabilmente quelle ragazze non si aspettavano di avere una risonanza così forte, né durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se lo speravano, né per tutti gli anni a venire.
Ciò che oggi bisogna fare è rendere l’Italia libera da tante demagogie e tante parole. Un Paese libero, nel quale le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini ( e qui la strada è ancora tortuosa!) e i cittadini facciano in modo di non trovarsi dinanzi a una nuova dittatura che non porta a nulla se non a guerre sanguinosissime.
Quello che hanno fatto chi ci ha preceduto non è un risultato occasionale, ma la voglia di (ri) portare fiducia in un Paese allo sbaraglio.
E alle donne partigiane, in particolare, va un nostro GRAZIE ché ci hanno insegnato che se una cosa si desidera bisogna combattere e farsi sentire. La loro forza, da sempre esistita, e non sempre riconosciuta è uno sprone per noi affinché il nostro ruolo venga riconosciuto e difeso sempre.
Il 21 febbraio 2023 uscirà in Italia, edito da Voland, Il libro delle sorelle – titolo originale Le livre des soeurs (qui) – dell‘amatissimascrittrice belga Amélie Nothomb che il 23 e il 24 febbraio parteciperà a due incontri a Napoli e a Firenze: noi la seguiremo nei nostri canali social e vi daremo tutte le coordinate. Intanto le confermiamo la nostra ammirazione con questo breve estratto daMetafisica dei tubi (qui)in cui descrive magistralmente la propria ripulsa verso la discriminazione.
Gattino e “Metafisica dei Tubi” (titolo originale Métaphysique des tubes”) è uscito in Italia nel 2002 per Voland, la casa editrice che pubblica in italiano tutti i libri di Amélie Nothomb, tradotta in tutto il mondo. La foto è di Paola Ciccioli.
Maggio iniziò bene.
Le azalee attorno al Laghetto Verde esplosero di fiori come se una scintilla avesse…
Si avvicina la Pasqua e come di consuetudine sono qui a farvi i miei auguri con una poesia di Gianni Rodari.
L’uovo di Pasqua di Gianni Rodari.
Dall’uovo di Pasqua è uscito un pulcino di gesso arancione col becco turchino. Ha detto: “Vado mi metto in viaggio e porto a tutti un gran messaggio!” E svolazzando di qua e di là, attraversando paesi e città ha scritto sui muri, nel cielo e per terra: Viva la pace, abbasso la guerra.
“Come mai – mi dissi – isolare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall’ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio d’un sesso o d’una classe?”. Le donne hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo dei grandi processi storici, sia sul piano materiale che su quello ideologico. Una di loro è senz’altro Anna Kuliscioff.
Nata intorno alla metà dell’ottocento in Crimea da una famiglia benestante, sin da giovanissima fu un acerrima nemica del regime autocratico dello Zar. Emigrò in Svizzera dove conobbe Andrea Costa, anarchico e futuro primo deputato socialista.
Con lui negli anni ‘80 dell’800 tornò in Italia, e insieme lavorarono intensamente alla diffusione di un pensiero socialista che rompendo con la tradizione mazziniana prendeva spunto dalla filosofia marxista.
Oltre ad essere un’importante ideologa e un’instancabile militante, Anna fu anche una donna di scienza medica: scoprì l’origine batterica delle febbri post parto, le quali al tempo causavano molte vittime. Quando il rapporto con Andrea Costa si interruppe, Anna si trasferì a Milano dove divenne nota come “dottora dei poveri” per la sua grande abnegazione nel fornire cura e assistenza alle classi subalterne.
Nel capoluogo lombardo incontrò Filippo Turati, con cui iniziò un rapporto di piena complicità sentimentale e politica. Alla fine del secolo, quando ormai era una figura autorevole del socialismo italiano, arrivò ad avere una corrispondenza con F. Engels, nella quale esponeva la situazione italiana e cercava risposte sulle strategie da perseguire per rivoluzionare la società del suo tempo.
Negli anni dieci del ‘900 poi fu la promotrice della legge volta a tutelare il lavoro minorile e femminile e infine si batté senza successo per il suffragio universale femminile.
Durante la guerra girò in lungo e in largo la penisola per sostenere e diffondere gli ideali di pace. Si spense nel 1927 a Milano dopo aver combattuto duramente il regime fascista.
Durante il funerale alcune camicie nere attaccarono le carrozze e il piccolo seguito come se avessero paura che lo spirito di Anna si destasse nuovamente da un momento all’altro per continuare la lotta.