Le nostre ragazze hanno dato spettacolo nel corso del recente mondiale, nonostante le solite, stupide critiche sessiste…

È in auge, e lo sanno tutti: il calcio femminile è il fenomeno sportivo del momento, soprattutto da quando media e persone si sono avvicinate allo sport più praticato del mondo ma in versione rosa. Oggigiorno l’hype del calcio femminile ha raggiunto vette impensabili fino a poco tempo fa, con stadi importanti gremiti per veder giocare delle ragazze che mesi or sono erano ancora sconosciute. Esemplare il caso del San Mamés di Bilbao, che qualche tempo fa si è quasi riempito per un match della squadra femminile locale, registrando ben 48mila spettatori, cifra che raramente si registra nelle partite della compagine maschile. Questa grande passione si è concretizzata in uno degli eventi più importanti di sempre, i mondiali, che si sono svolti in Francia dal 7 giugno al 7 luglio scorsi.
Stiamo parlando dell’ottava edizione di questo torneo, che mai come quest’anno ha avuto su di sé gli occhi di tantissima gente, soprattutto in Europa, dove sempre più ragazze decidono di seguire l’esempio delle pioniere di questo sport. Erano 24, in tutto, le nazioni partecipanti, provenienti da ogni angolo del globo, a conferma della grande portata raggiunta dal calcio femminile.
Riconosco di non essere una grande conoscitrice del calcio femminile, ma mi piace seguire lo sport e, sebbene non abbia potuto, per mancanza di tempo e di mezzi, seguire con costanza questi mondiali, ho sempre cercato di tenermi aggiornata sugli esiti delle partite e sul percorso delle atlete azzurre. Avrei tanto voluto scrivere questo articolo celebrando la vittoria dell’Italia, ma sono contenta e soddisfatta di questo primo risultato e mi auguro che tutto ciò sia il preludio di un futuro più roseo per il calcio femminile come sport in Italia. Me lo auguro ma, sfortunatamente, per adesso non sembrano esserci grandi premesse.
Non certo perché le ragazze non se lo meritino, ma perché da quanto ho avuto modo di leggere, noi italiani (e chiedo scusa se utilizzo questa forma al plurale così erroneamente generica) non siamo ancora pronti ad accettare che uno sport così tipicamente maschile – almeno in questo paese – possa essere esercitato a livello professionistico anche da una donna; senza contare, poi, che queste atlete vengono spesso mascolinizzate e criticate anche per il loro aspetto e atteggiamento “poco femminile” e, pertanto, assai discutibile.

Molti hanno sottolineato che il calcio femminile non offre lo stesso spettacolo di quello maschile ed è molto più lento e noioso. Parliamo di due tipologie di sport completamente differenti e non si può pensare di fare un paragone, così come non si possono mettere sullo stesso piano tantissimi altri sport a seconda se praticati da maschi o femmine. Certo che sono differenti, così come è differente il corpo maschile da quello femminile, la muscolatura, le peculiarità fisiche. Nessuno sport sarà mai uguale a seconda del genere che lo pratica, avremo sempre delle differenze significative che non rendono, in ogni caso, una versione migliore o peggiore dell’altra.
È una critica che può avere senso finché rimane una mera osservazione, ma se nasce per far polemica, allora dovrebbe essere semplicemente stroncata prima ancora di avere il tempo di creare inutili dissapori. Comunque il vero problema sta nel fatto che molti dei commenti che ho letto su internet (e talvolta anche sui giornali, cosa assai più grave) in merito alle atlete della nazionale femminile, erano di origine e matrice sessista. Qualcuno potrebbe dire che sono esagerata e che non posso continuare a vedere del sessismo ovunque, ma, credetemi, le mie accuse hanno un solido fondamento. Si tratta di vero sessismo sia che si voglia oggettivare una donna per essersi messa in una posizione che, se fosse stata assunta da un uomo, avrebbe dato minore adito a commenti e battutine maliziose, e sia che si tratti di criticare il suo aspetto in quanto troppo mascolino. O darle della lesbica perché se pratichi uno sport del genere non possono piacerti gli uomini, o del maschiaccio perché è difficile immaginare che una volta uscita dagli spogliatoi possa indossare una minigonna o dei tacchi alti.
O definirla una dilettante perché lo sport che pratica non la rende certo al livello dei suoi colleghi maschi, specialmente se consideriamo il suo stipendio. Eppure sono molte le atlete italiane di fama mondiale, donne alle quali non ho mai visto riservare un simile trattamento – al contrario, molte di loro vengono elogiate come le campionesse che sono – e questo mi fa pensare che il problema di base sia proprio il calcio, lo sport maschio per eccellenza, che probabilmente può essere praticato alla perfezione solamente da persone dotate di un cromosoma Y. Quanto meno in Italia. Non so voi, ma tutto questo mi mette addosso una grande tristezza, perché non fa altro che sottolineare il fatto che viviamo in un paese nel quale le donne sembrano essere ancora inferiori agli uomini o, quanto meno, che possano esistere donne dotate di una particolare forza e di un intenso ascendente sulle persone che le circondano.
Insomma, basta vedere come la maggior parte del popolo italiano ha reagito di fronte alla presa di posizione della capitana della Sea Watch Carola Rackete, o di come sia stata criticata la giovane Greta Thumberg per la sua accesa lotta all’ambiente: donne evidentemente frustrate, riccone viziate, insoddisfatte, manipolate… Mai una volta che si faccia leva sulle loro virtù e dire che ce ne sarebbero un bel po’ da elencare. Che cosa significa questo? Che il nostro paese ha paura delle donne forti e sicure di sé e teme che siano una minaccia.
Essere per la parità di genere significa che una donna può porsi allo stesso livello di un uomo, senza alcuna intenzione di sottometterlo… Ma allora perché si fa ancora tanta fatica ad accettarlo? Sfortunatamente non ho la risposta ed è un vero peccato, perché questo potrebbe magari aiutarmi ulteriormente nella mia costante lotta contro il sessismo e gli stereotipi di genere! Quella delle nostre atlete è soprattutto una narrazione che parla di talento, determinazione, dedizione.
È questa la prima vera grande vittoria per la Nazionale femminile di calcio. Ed è una vittoria cui sappiamo di aver dato il nostro contributo. Non ci fermeremo fino al raggiungimento di una piena e doverosa parità di genere perché tutto questo ha un’importanza che va oltre lo sport.
Le disuguaglianze sistematiche nello sport hanno un grave impatto sulle vite delle persone e riflettono altre disuguaglianze sociali, economiche e politiche. Ed è per questo che noi non smetteremo di combattere.
@pc
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