Mese: febbraio 2020

“La ragazza con la macchina da scrivere” di Grant Allen.

Romanzo vittoriano inglese precursore della “nuova donna” autonoma e libera criticata all’epoca.

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Nell’Inghilterra vittoriana di fine ’800 Juliet Appleton è la figlia di un ufficiale che sarà costretta a farsi strada nel mondo dopo la morte di suo padre. Diventerà una dattilografia e stenografa, ottenendo un’occupazione in uno studio legale, qui scoprirà che non può sopportare di lavorare con dei colleghi e un datore di lavoro sgradevoli.

Avevo ventidue anni ed ero disoccupata.
Con questo non voglio dire che non avessi come occupare il tempo. Nel mondo in cui viviamo, ricoperto di margherite, martin pescatori e volti indistinti di uomini e donne, dubito che potrei mai trovarmi a corto di occupazioni. Il dorso di una rondine che volteggia sotto il sole è pieno di significato. Se vivi in campagna, non devi fare altro che infilarti un cappello e sgusciare in qualche prato e lì, in una rientranza della siepe, vedrai boccioli che si schiudono e farfalle dorate che amoreggiano, sentirai usignoli che cantano come se si rivolgessero a Keats, e ruscelletti che compongono madrigali come se gorgogliassero per Marlowe.

 

Juliet possiede alcune delle caratteristiche della famigerata “nuova donna” emancipata: ha frequentato il college femminile di Girton, fuma sigarette, si unirà a un gruppo di anarchici e indosserà un abito razionale per facilitare la guida della sua bicicletta. Dopo la morte del padre la ragazza si troverà sola senza un soldo in una piccola pensione insieme al suo cane, un incrocio fra un bull terrier e chow chow.

Imparerà a stenografare e battere a macchina dato che all’epoca il nuovo mezzo, la macchina da scrivere, era una novità insieme alla bicicletta ed anche un simbolo di emancipazione femminile creando una moltitudine di ragazze impiegate chiamate typewriter girl. Da un annuncio letto su un giornale Juliet deciderà di infoltire quella schiera di dattilografe.

Troverà una nuova opportunità in uno studio legale. Juliet, “scrutata come un cavallo in vendita”, verrà assunta e collocata in una stanza polverosa che odora di muffa, per scrivere a macchina lettere e documenti, dalla mattina alla fine del turno. Si innamorerà poi del suo datore, e lui con lei, ma le complicazioni inevitabilmente seguiranno.
Dopo quattro giorni però si licenzierà, non reggendo allo stress e ai clic, clic, clic per tutto il giorno. Qualche giorno prima aveva sentito parlare di una comunità di anarchici che avevano acquistato un terreno incolto e creare delle colture intensive: una visione celeste che l’avrebbe convinta a prendere la sua bicicletta e recarsi nelle campagne del West Sussex.
Lei inizia la narrazione meditando sulla teoria che l’Odissea, immaginando sia stata scritta da una donna, mentre L’Iliade sia prettamente maschile con battaglie e spade, anche se fosse vera mi piace crederlo, dichiarando che andrà avanti nel mondo in cerca di avventure “ne troverò di sicuro perché la fede smuove le montagne“.
Per Juliet l’esplorazione, la mobilità e l’occupazione sono elementi essenziali della sua libertà, anche se, come prevedibile, anela al romanticismo.
Osserva che il XIX secolo ha dato alle donne una fredda e cinica etichetta “femmine” cancellando così il romantico “signora”, ma in cambio ha dato a queste donne una maggiore libertà, sintetizzata dall’uso della bicicletta dando una sensazione di autonomia e indipendenza, Juliet in seguito descrive il suo amore per la bicicletta:

Una donna in bici ha davanti a sé tutte le possibilità del mondo tra cui scegliere: può andare dove vuole, senza l’intralcio degli uomini. “

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Nella comunità agricola imparerà a fare piatti vegetariani fra cotolette d’orzo con salsa di pomodoro e una sorta di spaghetti da cui riceverà il “bravissima”, elogio del napoletano Luigi, un personaggio della variegata comunità.

Questa abilità in cucina aumenterà la sua popolarità tra gli uomini del gruppo anarchico; mentre le donne non saranno dispiaciute di avere il loro compito alleggerito da un po’ di assistenza amatoriale. Il romanzo ironico comincia nel più brillante dei modi dove la sua eroina passa da uno studio legale squallido a una colonia anarchica a Horsham, insieme alle sue tribolazioni, soffrendo anche molestie sessuali in entrambi.

 

Legato sempre  alla questione della “nuova donna”, lo scritto appare a volte romantico e convenzionale con allusioni a Shakespeare, giocando sul nome Juliet quando troverà il suo Romeo con i baffi che si muovono appena pronuncia il suo nome alla comunità anarchica “il fatto che ero una Juliet alimentava la loro fantasia.

Ogni uomo si raddrizzò e accarezzò il mento con la stessa aria di un Romeo”.


L’autore

Alla fine del XIX secolo, il canadese Charles Grant Blairfindie Allen (1848 – 1899) è stato un autore prolifico di testi di divulgazione scientifica sostenitore della teoria darwiniana sull’evoluzione, così come scrittore di fantascienza.

Nel 1895, il suo libro intitolato The Woman Who Did , fece scalpore divulgando alcuni punti di vista sorprendenti, in anticipo sui tempi, su questioni matrimoniali e affini, diventando un best-seller. Il libro racconta la storia di una donna indipendente che avrà un figlio fuori dal matrimonio.
La ragazza con la macchina da scrivere (1897) è uno dei due soli romanzi che ha scritto sotto uno pseudonimo femminile Olive Pratt Rayner, forse per dare credibilità al suo narratore in prima persona di sesso femminile. Il suo uso di uno pseudonimo femminile per The Typewriter Girl era forse un’indicazione di questo desiderio per mantenere separati gli scritti scientifici dalla narrativa.

Il romanzo ritrae con ironia le tensioni tipiche della fin de siècle sulla relativa evoluzione,  la tecnologia,  e il ruolo delle donne.

Juliet è la tipica “nuova donna” eroina della società la cui giovinezza e attrazioni sessuali sono messi insieme e commentati insieme a un forte desiderio di indipendenza

Anche se il tono sbarazzino e ironico della prima persona narrativa, e la trama episodica, tendono a sminuire ogni tentativo realistico di ritrarre la reale vita di lavoro di un impiegato dell’età vittoriana, questo testo permette di vedere alcune critiche sui nuovi ruoli femminili.

Riflettendo infine che pur se la donna non è nata per essere solo una dattilografa, Juliet ribadisce comunque la sua idea alla fine del testo: “Sono ancora una ragazza con la macchina da scrivere”.

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Nancy Cunard: ribelle e anticonformista!

 Una delle donne che più mi ha interessata è stata Nancy Cunard, e  oggi Nancy sarà anche la  protagonista  del mio articolo.

Nancy Cunard è una celebrità famosa sia nell’alta società, sia all’interno del mondo intellettuale delle avanguardie. Nasce nel 1896 in Inghilterra. Nel 1911 si trasferisce a Londra con la madre, a causa della separazione con il padre.

A Nancy non piaceva il mondo in cui viveva, questa idea scatenerà fin da subito scandalo con il suo anticonformismo morale, sessuale e politico.

Fin dai primi tempi in cui frequentò gli ambienti dell’avanguardia artistica inglese ne rimase subito attratta, in particolar modo dalla poesia. Nel 1920 si sposta a Parigi, qui entra in contatto con gli ambienti surrealisti e dada.

Nel 1928 durante un viaggio a Venezia inizia una storia con Henry Crowden, musicista jazz afro-americano.

La Cunard prediligeva un amore libero ed anche per questo fu criticata per i suoi amori sia etero che omosessuali.

L’incontro con Crowden avvicina Nancy ai temi della politica razzista, così facendo si “trasforma” in un’ attivista politica antirazzista per il resto della sua vita. Tanto da pubblicare nel 1931 l’opuscolo Black Man and White Ladyship, un attacco diretto alla società tradizionale, snob, imperialista e razzista del mondo occidentale. Nel 1934 pubblica, invece, un volume antologico in 7 sezioni, Negro: An Anthology, un vero e proprio viaggio nella cultura afro-americana.

L’obiettivo di Nancy Cunard era quello di smascherare il perbenismo e l’autoritarismo nell’alta borghesia e aristocrazia inglese. La solitudine era però il prezzo da pagare per la sua scelta controcorrente.

Per quanto riguarda la politica, la Cunard era anarchica, antifascista, antimilitarista e antirazzista, combatte infatti il fascismo e si schiera con la Spagna rivoluzionaria del 1936-1939. Viene arrestata più volte per attività cospiratrici, a causa del sostegno antifranchista.

Possiamo quindi dire che Nancy Cunard ha condotto una vita anticonformista, e straordinaria in quanto fu poetessa, editrice, modella, attivista per i diritti civili,  corrispondente di guerra, traduttrice, curatrice di antologie e agitatrice culturale; ricordiamo inoltre che lei era un’anarchica e una dark lady, colta, trasgressiva, provocatoria e ostinata e che partecipò a movimenti letterari come il Modernismo.

Venne ogni volta screditata e denunciata quando decideva di battersi in favore dei diritti civili. La protagonista dell’articolo muore infine nel 1965.

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Come dicevo all’inizio, Nancy è fra le donne che io personalmente preferisco perché nonostante quello che lei avrebbe dovuto essere, ovvero una donna ricca, conformista, insoddisfatta, capricciosa e viziata, ha avuto il coraggio per opporsi a tutto ciò, ha lottato per i diritti delle persone, quelli che oggi noi diamo per scontati, ma che dovremmo sforzarci di difendere tutti i giorni “con le unghie e con i denti”.

Quindi io, in qualità di cittadina del mondo, mi sento in dovere di dire “Grazie” a Nancy e tutte quelle persone nel mondo che hanno lottato e che  lottano per un mondo senza razzismo, discriminazioni e perbenismo!

 

Una danza di pensieri!

Nebila, etiope, si definisce una “cantastorie femminista che usa creatività e arte per parlare di pace, affrontare diseguaglianza e oppressione, archiviare le storie del vivere quotidiano a beneficio delle generazioni a venire”.

Oltre a essere scrittrice, poeta, editrice e fotografa, Nebila è assai nota ed efficace come attivista: solo per fare un esempio, la sua campagna #JusticeForLiz, relativa all’ottenere giustizia per una donna vittima di stupro, raggiunse quasi 2 milioni di firme.

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Ero solita pensare fosse l’oscurità

a darti gli incubi

Solo ora arrivo a capire

come le luci che inondano la tua esistenza

sembrino perseguitarti

Non appena arrivano

tu cerchi i punti che la luce non raggiunge

per poterci strisciare dentro, coperta dal calore e dal rifugio del buio

Nel mentre quasi tutti bramano movimento e suono,

tu sei saziata dal vuoto e dalla pienezza dei silenzi

Da sola, negozi fra le differenti donne che ti compongono

Indisturbata,

filtri l’orchestra di pensieri

in mutevoli ottave

permettendo a ciascuna di esse di cantare la propria canzone

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Mia madre dice che ci sono stanze chiuse all’interno di tutte le donne. Che le donne diverse che le abitano sono le sole a poter schiudere quelle porte. Tu devi essere paziente. Devi sederti con ognuna di esse, una alla volta. Parlare le loro lingue. Ascoltare le loro storie. Intrecciare i loro capelli. Percepire il loro tipo di pelle – ruvida, liscia, grezza. Fasciare le loro ferite. Ridere con loro. Capire le loro lacrime. Massaggiare i loro piedi. Conversare con loro. Dar loro riconoscimento. Essere presente per le loro paure. Essere presente per loro. Stare con loro.

Mia madre dice che alcune le evochi tu e altre evocano te. Che una porta con sé la propria rabbia, un’altra il delirio. Che non devi mai ignorare la più silenziosa, quella che non bussa mai. Lei è la più potente. Devi cercarla, persuaderla a uscire dalla stanza con gentilezza.

Mia madre dice che non devi pensare a come soddisfare quella che bussa sino a che le sanguinano le nocche e le mani le dolgono. Lei non è una di cui dovresti preoccuparti perché indossa tutte le proprie emozioni e tu saprai subito se ci sono guai in arrivo.

Una ha buttato giù la porta l’altro giorno – mamma dice che è perché era soffocata dalla propria angoscia – e si è succhiata via tutta l’aria nella stanza, lasciandola annaspare in cerca d’aria che non poteva fabbricare. Lei è quella a cui non sottoponi problemi. Lei li nutrirà sino a farli crescere come erbacce, senza lasciare spazio alcuno alla bellezza. O al respiro.

Ognuna ha il suo posto e il suo scopo. Tutte creano te. Senza di esse, saresti vuota. Un guscio. Loro ti danno colore, carattere, stile. Persino quella furibonda ti dà acume. Lascia che siano.

Mia madre dice che è solo quando ti danno le chiavi, solo allora sarai in grado di aprire tutte le porte e fare pace, di riunirle insieme così che possano cantare i loro sogni e narrare i loro ricordi l’una all’altra. E a te.

Solo allora, quando le loro sofferenze saranno intessute nelle storie che raccontano, i sogni che osano e i segreti che sussurrano saranno liberati e libereranno il tuo respiro.

I segreti fanno parte di noi stesse e come tali saremo noi a decidere quando liberarcene insieme alle nostre sofferenze!

Jessie Burton e il segreto di una coppia tormentata.

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Dopo il successo mondiale del Miniaturista e della Musa , tradotti un quaranta lingue e con oltre un milione di copie vendute, l’autrice inglese Jessie Burton, classe 1982, ci consegna un maestoso volume sull’enigma, la malinconia e la riemersione dei sentimenti al di là del tempo.

La Confessione” é un’opera che brilla grazie a un elettrizzante marchingegno narrativo fondato su un dettaglio che apre tutta la storia: un incontro fortuito, ad Hampstead Heath, nel 1980, a Londra, tra Elise e Constance e la nascita tra loro, di un amore tormentato e atemporale.

La prima é una giovane e affascinante modella disorientata dalla morte della madre, l’altra una scrittrice di successo matura e carismatica, ma immersa tra le ombre egocentriche di un mestiere che lascia sempre meno spazio al sentimento.

Il loro complicato legame resiste e si dipana superando gli anni fino a precipitare, nel 2017, nel cuore della figlia trentenne di Elise, Rose, che, per conoscere il passato nebuloso della madre scomparsa nel nulla, si finge un’altra  e  si addentra, come assistente, nell’esistenza di un’ormai anziana Constance che vive reclusa dopo essersi ritirata dalla vita pubblica al picco della sua fama, e da cui  Rose è determinata a ottenere una confessione

Battendone a macchina  il nuovo manoscritto, Rose ricade in un vortice di persuasione, quasi a rivivere ció che la madre aveva sepolto nella nuova vita che aveva dovuto abbracciare una volta perduto il grande amore.

La Confessione é il romanzo di una narratrice di talento che con una lingua secca e nuda che non lascia spazio a giochi e rivoli barocchi, sa come raccontare spietatamente la potenza inclusiva ed espansiva dell’amore. Di coloro che sicuri ne pagano il prezzo quando l’accettano, e di coloro che decidono di rinunciarvi a costo di ritornare alla propria terribile realtà.

Proprio su questo punto, fondamentale per la vita delle protagoniste, e per l’essere umano in generale, dirà Rose a Constance: “È stato terrificante. Pensavo di impazzire. Ma questa cosa non l’avevo mai provata. Come ci si sente quando l’amore che provi per qualcuno… Ti cola via. Come se ti ritrovassi a poco a poco rinsecchita e non sai se è giusto o sbagliato, se è qualcosa che vuoi o no. Se vuoi davvero chiudere il contratto, dire che non ti basta”.

 

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Jessie Burton è nata nel 1982 e vive a Londra. Ha studiato presso l’Università di Oxford e alla Royal Central School of Speech and Drama; ha lavorato per nove anni come attrice, prima di scrivere il suo romanzo d’esordio, Il miniaturista, divenuto in breve tempo uno dei casi editoriali più straordinari degli ultimi anni, con più di un milione di copie vendute nel mondo. Ha scritto inoltre La musa (2016) e Ragazze scatenate (2018), il suo primo racconto per ragazzi, pubblicati in Italia da La Nave di Teseo.