Mese: dicembre 2021

Verso il 2022…

La farfalla non conta mesi ma momenti, e ha tempo a sufficienza”.
(Rabindranath Tagore)

Il tempo è quella nostra categoria mentale con cui organizziamo l’incedere della nostra vita, ed essendo appunto nostro, abbiamo tutto il potere di renderlo sufficiente…  

Nel giungere alla fine di un altro anno di sfide, auguri a voi per un inizio lieto!

Paola

Buon Natale 2021 🎄🎄🎄

Auguri a chi non si lascia sopraffare dall’amarezza
se la vita gli nega ciò a cui più tiene.
Auguri a chi balla da solo in casa,
a chi saluta il cielo con un sorriso…
perché la gentilezza e la tenerezza
donano luce all’esistenza.

Buon Natale alle amiche e amici che seguono il mio blog ovunque Voi siate.

Paola

Iwona Lifsches 🎨

Il “vagone rosa” una buona idea che non risolve il problema.

Vagone per sole donne!

Dopo uno stupro accaduto sul treno Trenord 12085 tra Milano e Varese, migliaia di donne e non solo hanno sottoscritto una petizione online per chiedere a Trenord la creazione di vagoni per sole donne, allo scopo di essere più sicure durante il viaggio. Ricordano un po’ i paesi nei quali queste carrozze per sole donne esistono già: India, Brasile, Egitto, Malesia, Giappone.. In Giappone, ad esempio, dove il servizio è in uso, nel solo 2017 i file della polizia riportavano 1.750 casi.  

«Con questa petizione chiediamo a Trenord di dedicare, su tutte le sue linee, la carrozza di testa alle donne. In questo modo, a qualsiasi ora, si potrà viaggiare sicure», così si legge nella petizione.

Chiunque, come la scrivente, sia stato pendolare in linee suburbane, conosce bene la prateria d’impunità, con il buio e pochi passeggeri a bordo, che vige su questi mezzi. Convogli dove il controllore – o la ‘controllora’, passatemi il termine, perché sono molte le donne che ricoprono questo ruolo – spesso e proprio negli orari di minor flusso nemmeno si presenta, forse anche per timore delle conseguenze di eventuali incontri difficili da gestire.

E allora, pur rispettando il desiderio più che lecito delle donne di essere sicure nel loro viaggiare in treno, non credo che il “vagone rosa” sia una soluzione per aumentare la loro sicurezza. E non lo penso solo io: per esempio, l’associazione D.i.Re – “Donne in Rete contro la violenza”, che riunisce 84 organizzazioni antiviolenza in Italia, si è espressa nello stesso modo.

Rimane il fatto, pur accogliendo alla lettera la proposta della petizione, che ciò non renderebbe sicure né le stazioni, né le strade che le donne percorrono per prendere il treno o una volta che ne siano scese. In più, la ghettizzazione renderebbe immediatamente visualizzabile l’obiettivo per uno stupratore, che può rendersi più facilmente conto di quante donne stanno viaggiando e scegliere comodamente il suo “obiettivo”, una volta scese dal treno.

E di fronte a questa eventualità, la soluzione pratica la conosciamo: militarizzare ogni percorso pubblico notturno, ben oltre il limite del tragitto ferroviario. Soluzione che tra l’altro nessuno dei paesi dove i vagoni per donne esistono già – India, Brasile, Egitto, Malesia, Giappone – ha adottato, e che, va detto espressamente, da questo provvedimento non hanno certo migliorato la loro situazione in termini di numero di stupri o sensibilità verso la violenza sulle donne in genere.

Quindi? Quindi io – e non solo io – credo che lo stupro sia un problema sociale, e che vada affrontato socialmente; e che proprio per questo una “soluzione immediata” non esista. La cultura dello stupro esiste da secoli, e nessuna soluzione “nell’immediato” ha senso.

Sì, qualcosa per migliorare la sicurezza sul treno certo che si può fare, accogliendo le richieste della petizione: ma proprio perché si tratta di un problema comunque da risolvere sul lungo termine, eviterei soluzioni fortemente simboliche che rinforzano il problema, invece, di mettersi sulla strada per risolverlo.

Inoltre il “vagone rosa” avrebbe un effetto peggiorativo sulla violenza verso le donne, perché segregare le potenziali vittime in maniera così evidente è un chiaro messaggio anche verso i potenziali stupratori, anzi verso tutti gli uomini; vuol dire che tutti quelli fuori da quei vagoni sono potenziali stupratori.

Ciò significa arrendersi di fronte al problema, dire pubblicamente “non possiamo agire sul problema degli stupri, possiamo solo segregare per un po’ le potenziali vittime”. Sarebbe la società stessa a trasmettere il messaggio che gli uomini sono tutti potenziali colpevoli, e che siccome sono troppi, invece di agire su di loro, agiamo sulle potenziali vittime.

Emily Dickinson e quel suo vestirsi di bianco!

Nasceva oggi, il 10 dicembre 1830, la poetessa Emily Dickinson, una delle figure letterarie più enigmatiche di fine Ottocento. Molte le leggende e i racconti fioriti sul suo conto, ma la sua vera biografia resta un mistero.

Il nome di Emily Dickinson si associa inevitabilmente alla Poesia. Emily Dickinson la poetessa, non potrebbe essere nient’altro. È uno di quei rari casi in cui l’identità della persona e il suo mestiere formano un tutt’uno. Del resto Emily Dickinson consacrò la sua stessa vita alla vocazione letteraria: a partire dall’età di ventitré anni sino alla fine dei suoi giorni visse reclusa nella sua casa di Amherst, in Massachussets, e non fece altro che scrivere. Compose oltre tremilacinquecento poesie, quasi tutte pubblicate dopo la sua morte. Infatti fu solo dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1886, che la grandezza della poesia di Emily Dickinson fu scoperta e apprezzata.

La famiglia e gli amici più stretti ignoravano l’attività segreta di Emily, le splendide poesie che componeva in silenzio rinchiusa tra le mura della sua stanza, come una monaca o una prigioniera. Il suo talento si era rivelato a tratti nelle lunghe lettere che Emily Dickinson scriveva, piene di particolari affascinanti, fatte della sostanza stessa della poesia.

La vita di Emily Dickinson è ancora un mistero per i suoi biografi. Nessuno riesce tuttora a spiegarsi il perché una giovane ragazza di ventitré anni avesse scelto di ritirarsi del tutto dalla scena pubblica e vivere rinchiusa tra le mura della casa paterna, vestita di bianco, utilizzando la scrittura come unica porta di accesso verso il mondo. È stato appurato che la Dickinson non soffrisse di alcuna infermità fisica né di alcuna malattia invalidante. Il motivo della sua segregazione rimane dunque un mistero, solo Emily Dickinson ne custodisce la chiave, forse nascosta nel cuore pulsante delle sue poesie.

La scelta inusuale della Dickinson ha tuttavia alimentato una serie di leggende sulla sua figura; ancora oggi si associa il suo abito bianco a una veste virginale, chiaro rimando a quella indossata dalle novizie prima di entrare in convento. Ma nella realtà Emily Dickinson ebbe molti amori, forse tutti platonici, passioni di penna che ha trasfuso mirabilmente nelle sue poesie e nelle lettere infuocate che inviava agli amati destinatari.

Emily Elizabeth Dickinson nacque il 10 dicembre 1830 ad Amherst, nel Massachussets, figlia dello stimato avvocato Edward Dickinson, che sarebbe diventato membro del Congresso degli Stati Uniti.
In virtù delle sue origini, la Dickinson ricevette un’ottima educazione: frequentò la Amherst Academy e poi le scuole superiori di South Haley. In seguito venne ritirata dalla scuola dal padre, per motivi che appaiono ancora ignoti. Emily proseguì quindi gli studi da autodidatta, guidata da un precettore, Benjamin Newton, che le impartiva lezioni ogni giorno da casa. Dall’età di ventitré anni Emily Dickinson scelse di ritirarsi dalla vita pubblica. Per tutto il corso della sua esistenza si allontanò dalla casa di Amherst solo per qualche raro viaggio che le avrebbe permesso di conoscere persone fondamentali per la sua vita. Tra queste il reverendo Charles Wadsworth, un uomo sposato, a cui la Dickinson dedicherà versi pieni di passione; e il celebre filosofo americano Ralph Waldo Emerson che svolse un ruolo cardine nella sua formazione culturale.

Il 1860 è l’anno più prolifico per la composizione poetica di Emily Dickinson. La poetessa scrisse oltre quattrocento poesie, alcune delle quali (sei in tutto) furono pubblicate sullo Spingfield Daily giornale redatto da Samuel Bowles, intimo amico della Dickinson, per il quale la poetessa covava una segreta passione.

In quegli anni Emily iniziò ad essere consapevole del proprio talento e cominciò a raccogliere le proprie poesie in fascicoletti, sperando di vederle un giorno pubblicate. Sarà il colonnello Thomas W. Higginson, con il quale aveva avviato una fitta corrispondenza, a dissuaderla dall’intento.
Higginson rimase impressionato dai versi della giovane poetessa, ma al contempo vi avvertì una forza segreta, una fierezza irriducibile, che gli fece quasi paura. Consigliò a Emily di non pubblicare più i suoi versi, perché la società non li avrebbe capiti. La voce della Dickinson appariva dissonante, diversa da tutto quanto era stato scritto sino ad allora e in conflitto con gli ideali romantici dell’epoca.

Non sapendo quando l’alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come un uccello
oppure onde, come spiaggia.

La poetessa dunque accettò il consiglio di Higginson e decise di fare a meno della pubblicazione. Continuò a coltivare la vocazione poetica nel segreto della sua stanza, come un peccato solitario al quale non sapeva rinunciare.