
Ci sono persone che, quando ci lasciano, scavano un solco profondo nella nostra anima, perché perdiamo con loro un punto di riferimento costante ed ineludibile della nostra esistenza.
Miriam Mafai è una di queste: protagonista e guida esemplare che si è prodigata, con passione e coraggio, in innumerevoli battaglie politiche, civili e sociali in difesa delle donne. Non mi piace fare di lei una sorta di stucchevole “amarcord“, ma piuttosto di ricordarla come donna impegnata sul fronte politico e giornalistico che ha raccontato la storia dell’Italia e delle donne attraverso ciò che i suoi occhi hanno visto.
La sua particolare e costante attenzione al mondo femminile e alle sue problematiche credo sia stata facilitata e avvantaggiata, prima di tutto, dalla sua condizione di madre. A differenza, infatti, di tante donne che hanno vissuto o vivono la conquista della loro libertà come una vicenda privata, lei non ha mai smarrito il legame profondo che la univa alle altre donne. Non ha mai smesso di pensare e di agire nella consapevolezza che la sua libertà non fosse autentica, sincera se non condivisa da tutte.
E questa era la molla che la spingeva a confrontarsi con le femministe, sempre pronta a cogliere e denunciare violenze e soprusi sulle donne, a condividere tutte le battaglie per una effettiva parità.
Miriam ha respirato cultura sin dalla sua nascita, a Firenze, il 6 febbraio del 1926. Suo padre era il noto pittore Mario Mafai e la madre la scultrice Maria Raphael. Ha vissuto sulla propria pelle il fascismo, le leggi razziali (era ebrea da parte di madre) e si è avvicinata alla politica diventando attivista e militante del Partito Comunista Italiano. Dopo l’8 settembre1943 ha partecipato alla Resistenza antifascista a Roma e ha lavorato presso l’ufficio stampa del ministero dell’Italia occupata.
Terminata la guerra aveva sposato il segretario della Federazione aquilana del partito comunista Umberto Scalia dandogli due figli e separandosi successivamente. Alla fine degli anni Cinquanta decollava, invece, la sua carriera giornalistica: inviata a Parigi come corrispondente del settimanale “Vite Nuove”; nel 1960 redattrice parlamentare dell’organo del PC l'”Unità”: dal 1965 al 1970 direttrice di “Noi Donne”. Inviata speciale di “Paese Sera” ha contribuito alla nascita di “La Repubblica” diventandone editorialista.
Successivamente, dal 1983 al 1985, ha presieduto la Federazione della Stampa Italiana. Senza dubbio il giornalismo è stato una delle sue grandi passioni che sembrava anteporre all’amore per Giancarlo Pajetta, il ragazzo rosso, uomo difficile e fuori dal comune. Il loro legame, durato trent’anni grazie anche al carattere mite di Miriam, è da annoverare tra quelli di maggiore rispetto nelle differenze di un Partito che non lasciava spazio all’iniziativa femminile. Un’unione considerata scandalosa nel partito stesso: “Dalle donne comuniste si pretendeva un rigore morale” racconterà la giornalista.
Sempre instancabile e curiosa la Mafai ha dedicato molto spazio anche all’attività saggistica che annovera tra le sue opere scritti di notevole spessore letterario e politico. Tra le sue opere “Pane Nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale” una biografia collettiva al femminile del nostro paese; “Botteghe oscure, addio”, “Come eravamo comunisti”, “Dimenticare Berlinguer”. Non mancano articoli sul terrorismo, la responsabilità della sinistra, le stagioni delle stragi e poi le grandi inchieste: dalla legge sul divorzio alla 194, alla fecondazione assistita, alla laicità dello Stato. Temi scottanti ma trattati sempre con lucida e attenta analisi.
È proprio per la sua intensa attività come cronista, femminista militante e acuta osservatrice che vinse il “Premio Montanelli” nel 2005 per lo sviluppo della cultura italiana del Novecento, con particolare attenzione al mondo delle donne. E a tal proposito, in varie occasioni, ha sempre incoraggiato le giovani donne a uscire dai modelli stereotipati che i media diffondevano.
L’immagine di una donna che utilizza solo la sua bellezza per fare carriera non corrisponde alla realtà, perchè ci sono donne che lavorano, che raggiungono posti di responsabilità in vari settori… occorre crederci, per non demoralizzarsi e non pensare che ci si debba piegare dinanzi alla disoccupazione, al sacrificio, alla condizione subalterna. “Alle giovani dico sempre di non abbassare la guardia, non si sa mai. Le conquiste delle donne sono ancora troppo recenti”: questo il messaggio che ci ha lasciato Miriam, spentasi a Roma il 9 aprile 2012.
@paola