Evita, una vita di amore e passione.

Anche dalle parole di Perón si intuisce l’importanza di quell’incontro: “Pensavamo all’unisono, con lo stesso cervello, sentivamo con la stessa anima. Era naturale perciò che in una tale comunione di idee e di sentimenti nascesse quell’affetto che ci portò al matrimonio”. Può apparire una dichiarazione d’amore un po’ tiepida, ma altamente significativa se la si contestualizza all’interno di uno stato nascente che, partendo dal collettivo, si estende istantaneamente alla coppia. 

Da quella prima sera non si lasciarono più. Già a febbraio vivevano insieme, il 22 ottobre si sposarono e nel 1946 Perón si candidò e divenne presidente.

Insieme diedero vita a un progetto che andava ben oltre il legame di coppia, investirono d’eros un oggetto d’amore immensamente superiore, il popolo argentino. A differenza di molte coppie, che si chiudono al mondo e si cristallizzano, vivere per un ideale esterno può moltiplicare l’energia vitale, sia per gli altri che per la coppia. Diviene un circolo virtuoso: amare il partner dà ad Evita la forza di amare anche gli altri e, condividendo l’amore per gli altri con il partner, consolidò l’amore per lui.

Evita sosteneva attivamente Perón. Lo adorava in privato e in pubblico, perché desiderava che il popolo lo amasse come lo amava lei; lui le dava tutta la libertà e il supporto di cui aveva bisogno per poter emergere al suo fianco come capo carismatico.

Non le chiese mai di essere una moglie come le altre, la riconobbe subito come una sua pari. Ognuno era il capo carismatico dell’altro. Tant’è che il giorno del 33° compleanno della moglie, ormai costretta a letto e prossima alla fine, Perón la nominò formalmente “Capo Spirituale dell’Argentina”.

Molti suggeriscono che in realtà la loro unione fosse solo un accordo, una farsa. Evita mirava solo al potere che derivava dall’essere la moglie di Perón ? E lui ne sfruttava la presa sul popolo per le sue ambizioni personali? In altre parole, il loro fu un amore solo di facciata?

La stretta sorveglianza dell’Intelligence – sia interna che estera – nei suoi dettagliati rapporti ci conferma che né Evita, né Perón tradirono mai l’esclusività sessuale per tutta la durata del matrimonio. Anche quando Evita, dalla fine del 1949, non poté più adempiere agli obblighi coniugali per i dolori sempre più invalidanti dovuti al tumore all’utero che l’avrebbe portata alla morte, la loro sessualità restò comunque viva e Perón non cercò altre donne per avere soddisfazione sessuale.

È un punto importante, perché, come sostiene Tomás Eloy Martinez nel suo libro  Santa Evita, “La mappa dell’erotismo è la mappa del potere. Invece della banale inquietudine tipica delle mogli, che si interrogano su come mantenere al fianco il proprio marito, la defunta si chiese cosa doveva fare per superarlo. (…)  l’avrebbe superato con il peso del suo amore. Chi ama di più, è più potente. Nessuna donna fu più leale di lei, nessuna più appassionata, più affidabile, più sincera. L’immensità del suo amore abbracciò tutto Abbracciò anche il marito, lo trattenne”.

Ed era ricambiata. Perón, sempre avaro di parole, con i fatti dimostrò di amarla immensamente. E, sul letto di morte, accolse la sua ultima richiesta: “Non permettere che mi dimentichino, Juan”, gli chiese. E lui promise.

“Al risveglio da uno svenimento che era durato più di tre giorni, Evita ebbe alla fine la certezza che stava per morire. Ormai erano svanite le fitte atroci al ventre e il corpo era di nuovo pulito, solo con se stesso, in una beatitudine senza tempo e senza luogo. Soltanto l’idea della morte non smetteva di farle male. La cosa peggiore della morte non era che accadesse. La cosa peggiore della morte era la bianchezza, il vuoto, la solitudine dell’altra parte: il corpo in fuga come un cavallo al galoppo“. (Tomás Eloy Martinez)

Alle 20,25 del 26 luglio 1952  Eva Duarte Perón passava all’immortalità.

La salma di Evita fu imbalsamata ed esposta al pubblico e milioni di persone accorsero da ogni angolo del Paese per piangerla, per osannarla, per decretarne il posto che le spettava nell’eternità.

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