Vale la pena leggerlo…

Approfittando di un’influenza antipatica ma non troppo, e dei giorni di festa, ho deciso di leggere il romanzo “La lunga vita di Marianna Ucrìa” di Dacia Maraini, mi permetto di condividere con voi alcuni pensieri terminata la lettura.

“La bambina si nasconde dietro al padre che ogni tanto si china su di lei, le fa una carezza ma brusca più per controllare che stia davvero guardando piuttosto che per rincuorarla”.

Il romanzo, per chi non lo conoscesse, parla della vita di una nobildonna siciliana del settecento che si ritrova muta a causa di un trauma avuto da bambina, e data in sposa a dodici anni allo zio scapolo e rinchiuso in una propria durezza.

Proprio il mutismo sembra darle una sensibilità e uno sguardo sul mondo, a tratti disincantato e distante, altre interno e quasi telepatico, verso le persone e gli ambienti che la circondano.

“Con le dita impolverate di borace Mariana si avvicina alle imposte chiuse. Le scosta leggermente lasciando entrare il chiarore della luna. Il cortile spennellato di calce, risplende. Gli oleandri formano delle masse scure che fanno pensare a dorsi di gigantesche tartarughe addormentate col muso contro vento per ripararsi dal freddo”.

I luoghi del romanzo sono per lo più nelle campagne di Palermo, a Bagherìa, in una tenuta della casata di Marianna, in cui lei vede crescere ed invecchiare non solo se stessa, i figli e parenti ma anche emozioni e sentimenti, sete di conoscenza e ragionamento tramite la sua passione per la lettura, considerata poco consona visto il suo status, e le esperienze di vita.

Il linguaggio utilizzato da Dacia Maraini è un linguaggio di prosa molto ricco e a tratti poetico, mi è molto piaciuto l’uso di alcune metafore e la sua capacità di adattare il linguaggio e il ragionamento anche all’età di Marianna Ucrìa.

“La ragione è e deve essere solo schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di servire e obbedire a esse”.

Questa frase, del pensatore Hume, entra nella vita di Marianna grazie ad un personaggio secondario e tale pensiero quale Tarletto che si fa spazio la accompagnerà nella sua evoluzione e riflessione di personaggio che mano a mano si aprirà all’esperienza.

Ho apprezzato il riportare nel romanzo, i rapporti di potere che definivano fortemente in quell’epoca i ruoli: non solo rispetto al genere, ma anche nel grado di parentela e di status sociale, per dirne alcuni, e di come i personaggi riescano a trovare in qualche modo, un loro grado di libertà all’interno d’essi.
Ci sono alcuni personaggi poi che sono interessanti per le complessità che portano: Filomena, Felice, Camelèo… a voi scoprirli 😊

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