Giorno: 12 aprile 2024

Elsa Oliva, partigiana, che per due volte fuggì dalla prigionia nazifascista.

Elsa Oliva, nome di battaglia, Elsinki.

Nata a Piedimulera (Novara) l’11 aprile 1921, deceduta a Domodossola l’11 aprile 1994.

Era nata in una famiglia antifascista (quarta di sette fratelli e sorelle), che si era trovata in particolari difficoltà allorché il padre, nel 1930, aveva perso il lavoro perché non voleva iscriversi al Fascio.

Elsa poté frequentare soltanto la quarta elementare e, a otto anni, fu messa “a servizio”.
Ragazzina irrequieta, aveva solo 14 anni quando, con il fratello Renato, si allontanò di casa e se ne andò in Valsesia. Poi si trasferì ad Ortisei e si mise a lavorare in un laboratorio artigiano di pittura su legno. Elsa non nascondeva le sue idee e fu così che fu presa di mira dalla polizia, tanto che ritenne più conveniente andarsene in un centro più grande.

A Bolzano riuscì a farsi assumere all’Anagrafe del Comune, dove rimase fin dopo l’armistizio. Fu quello il momento dell’impegno totale nella Resistenza.
Elsa partecipò alla difesa della caserma di Bolzano contro i tedeschi, organizzò la fuga di militari internati dagli occupanti, procurò certificati falsi a molti soldati perché potessero sottrarsi alla cattura, poi distrusse l’archivio dell’Anagrafe perché non restassero tracce del suo operato.

Sino al novembre del 1943, la ragazza partecipò coraggiosamente, con gli antifascisti locali, ad azioni di sabotaggio contro i tedeschi, ma finì per essere arrestata. Era in viaggio per Innsbruck, dove avrebbero dovuto processarla, quando riuscì a fuggire e a raggiungere poi, fortunosamente, Domodossola dove i suoi si erano nel frattempo trasferiti.

Ricercata dalle SS, nel maggio del 1944 la ragazza si unì, come infermiera, ai partigiani della 2a Brigata della Divisione “Beltrami”, ma presto divenne partigiana combattente. Nell’ottobre ecco che Elsa lascia la “Beltrami”. Vuole raggiungere un altro fratello, Aldo, che milita nella “Banda Libertà” e che sarebbe stato trucidato due mesi dopo dai fascisti a Baveno. Di nuovo Elsa Oliva cambia formazione.

Gruppo della Brigata “Franco Abrami”.

Nella Brigata partigiana “Franco Abrami” della Divisione “Valtoce”, che ha la sua base sul Mottarone, le affidano il comando di una squadra chiamata “Volante di polizia” e che presto, dal nome di battaglia di Elsa, sarà chiamata “Volante Elsinki”.
Nello stesso giorno, l’8 dicembre 1944, dell’uccisione del fratello (“Ridolini” era il nome di battaglia di Aldo Oliva), Elsa è catturata dai fascisti, che la portano in una loro caserma di Omegna. La ragazza è certa che la fucileranno e decide quindi di simulare il suicidio. Ha ingerito un gran numero di compresse di sonnifero ed è portata in ospedale. Una lavanda gastrica e, prima che i fascisti tornino a riprendersela, con l’aiuto di una suora e di un prete, Elsa riesce a fuggire. Ritornata tra i partigiani della “Valtoce”, continuerà la lotta armata sino alla Liberazione. Per questo, alla smobilitazione, le sarà riconosciuto il grado di tenente.

Elsa Oliva, partigiana ribelle.

Nel dopoguerra Elsa Oliva si è impegnata politicamente sino agli anni ’70, quando fu eletta consigliere comunale di Domodossola come indipendente in una lista del PCI.
Si staccò dal partito poco dopo, non aderendo più, ufficialmente, a nessuna formazione politica. Lasciò anche l’ANPI e si iscrisse all’Associazione Volontari della Libertà (di cui fu vicepresidente) aderente alla FIVL

Elsa Oliva ha lasciato la sua testimonianza del periodo della militanza antifascista nel libro Ragazza partigiana, del 1974. Ha pubblicato anche una raccolta di racconti dal titolo La Repubblica partigiana dell’Ossola e altri episodi. Due anni dopo, è uscito postumo, il suo racconto autobiografico Bortolina. Storia di una donna.

Elsa Oliva, nella sua vita è stata tante cose, pittrice, infermiera autodidatta, comandante di una volante. È stata una vera combattente che maneggiava le armi con destrezza. Si è trovata in difficoltà tante volte e ha superato gli ostacoli di essere una donna libera, ribelle e antifascista, con determinazione, intelligenza, furbizia ed esuberanza. È stata sempre in prima fila e non ha mai abbandonato nessuno e nessuna indietro, a rischio della sua stessa incolumità.

Ricordo che negli interrogatori che ho ricevuto a Bolzano da parte dei nazisti mi hanno chiamata per la prima volta “ribelle”. Ebbene io mi sono detta: “Io sarò sempre ribelle, è una parola che mi piace, lo sarò sempre“. (Elsa Oliva)