Come difenderci dagli attacchi verbali

 

Come facevano le nostre antenate  a difendersi dagli attacchi verbali lanciati da estranei, amici, mariti o dai figli? A quei tempi probabilmente la vita era meno convulsa, più tranquilla e penso non vi fosse la necessità di ricorrere a libri in tal senso… probabilmente si lasciavano andare al loro istinto e chissà che non avessero sempre colto nel segno.

E noi, oggi? Come siamo messe quando qualcuno ci assale verbalmente, cosa facciamo, come ci comportiamo…? Navigando nel web mi sono imbattuta in un libro che fa proprio al caso nostro.
Si tratta di un piccolo manuale dal titolo più che mai pertinente “Piccolo manuale di autodifesa verbale” di Barbara Berckhan utile soprattutto di questi tempi.

Quante volte siamo rimaste senza parole davanti a un inaspettato e violento attacco verbale lanciato da chicchessia… paralizzate, restiamo ferite, ma senza capacità di reazione; e le frasi ad effetto, quelle sicuramente più efficaci ci vengono alla mente quando è ormai troppo tardi e il “nemico” si è dato alla fuga! Oppure quando dinanzi a frasi arroganti e verbali reagiamo nel modo sbagliato, usando termini e toni che purtroppo andranno a delineare un solco, a volte incolmabile, fra noi e il nostro interlocutore, e magari minandone per sempre il rapporto.

Entrambe le situazioni sono innegabilmente fonte di stress (che le nostre amiche del passato non dovevano soffrirne!) da una parte causato dal sentirci incapaci di reagire, dall’altra dagli strascichi di una deleteria, quanto inutile discussione.

Personalmente, tanto per non farmi mancare mai nulla, io sono caduta ( e continuo nonostante tutto a cadere…) in tutti e due i trabocchetti, se presa alla sprovvista e se le frasi che mi vengono rivolte sono particolarmente cattive, vengo messa alle strette. Solamente più tardi la mia mente riesce a elaborare le migliori frasi, almeno per me, dall’effetto assicurato. Che rabbia non averle pensate prima… Altre volte, invece, reagisco in modo diretto e dico cose di cui poi mi pento, ma che restano indelebili nella testa e nel cuore di chi ascolta. E comunque questo genere di reazione non paga “mai”, unico risultato, anche se hai ragione, è quello di meritarti la classica frase: “Sei un’isterica!”.

Dopo questa premessa vengo al libro, un piccolo, interessante manuale scritto (e non a caso) da una donna , Barbara Berckhan, di origine tedesca ed esperta in pedagogia, psicologia e comunicazione, famosa in Germania come la “Signora della comunicazione”, che  da anni si dedica, come afferma lei stessa “a migliorare i rapporti tra le persone”. Il titolo originario, “Judo mit Worten“, ovvero “Judo con le parole”, sintetizza tutto il senso che è quello di descrivere le strategie “di difesa” con le quali arginare in modo efficace qualsiasi attacco verbale rendendolo completamente inoffensivo. Vincere senza scontro frontale non mi sembra poco…

Ma vediamo di andare avanti con la curiosità per questo “Piccolo manuale di autodifesa verbale”, che potrebbe, per certi versi, fare proprio al caso mio, non fosse altro che per prendere degli spunti! E potrebbe essere utile a qualcuna di voi che in questo momento mi sta leggendo

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Aspasia: il fascino sottile della cultura nella Grecia di Pericle

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Parlare di donne colte, intelligenti, filosofe dell’età antica non è facile: molte delle loro identità, infatti, si si sono perdute per sempre.

Di alcune di loro sopravvivono solo i nomi perché hanno avuto la fortuna (se di questo si può parlare) di essere state celebrate dagli autori che usavano raccogliere le storie e le biografie dei grandi uomini, all’ombra dei quali spesso queste donne vivevano quali mogli, compagne o amanti.

Tra queste é Aspasia, l’unica di cui la storia greca ci ha tramandato notizie attraverso Senofonte, Platone, Plutarco e Socrate.

Aspasia, pur non descritta come particolarmente bella, é capace di esercitare un fascino non comune su i suoi contemporanei. Socrate la definisce sua “maestra” e ne loda la saggezza e l’intuito politico. Cresciuta in un mondo che giudicava il valore di una donna sulla base del silenzio di cui sapeva circondarsi (“Delle donne bisogna parlar poco o nulla” diceva Pericle), Aspasia non corrisponde al modello tradizionale di femminilità classica: devota, silente, capace di accudire il marito e la famiglia.

Al contrario Aspasia é attiva insegnante in uno dei più famosi circoli intellettuali di Atene: cosa assai rara e difficile per una donna e per di più straniera!.

Nata a Mileto, in Asia Minore (odierna Turchia), nella prima metà del V secolo a. C., si trasferì ad Atene, dove sarebbe diventata la concubina esclusiva di Pericle, leader incontrastato della politica ateniese. A tal proposito si potrebbe essere istintivamente portati a concludere che Aspasia sia diventata famosa grazie al suo legame con il potere. Dello stesso avviso erano i poeti comici dell’epoca, quotidianamente impegnati a bacchettare la moralità di Aspasia che veniva apostrofata come “avida prostituta”. (altro…)

Orgoglio e pregiudizio: un romanzo non in controtendenza coi tempi!

“E’ verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie

lizdar“Pride and Prejudice,” scritto tra il 1796 e il 1797 e pubblicato nel 1813, è il più celebre romanzo della scrittrice inglese Jane Austen, la quale è stata una delle prime voci ad alzarsi per denunciare la condizione di subalternità della donna di fronte ad una cultura che era esclusivo appannaggio dell’universo maschile.
Ambientato nell’Inghilterra ottocentesca, il romanzo si presenta come un affresco molto fedele dell’epoca, caratterizzata dal netto imporsi della borghesia, che con la rivoluzione industriale conquistava il potere economico e politico, e da una società che considerava il matrimonio l’unico modo per garantire alla donna rispetto ed autonomia. Ci si sposava più per interesse che per amore. Il denaro era infatti alla base delle relazioni sentimentali, contava molto anche l’estrazione sociale, visto che molte unioni non si realizzavano proprio perchè la sposa aveva dei parenti di basso ceto rispetto allo sposo, o viceversa.

 

Il tema principale risulta evidente sin dalle prime battute dell’opera, emblematico l’incipit: “E’ verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie”. Per quanto concerne la trama, il romanzo narra le vicende della famiglia Bennet, composta da Mr e Mrs Bennet e dalle loro cinque figlie; Jane Elizabeth, Mary, Kitty e Lyidia, ognuna delle quali ha un carattere e un modo di agire completamente diverso dalle altre.

La vita dei protagonisti scorre normalmente fino a quando si trasferisce a Netherfield un ricco scapolo, Mr. Bingley, assieme alle sorelle e ad un caro amico (Mr. Darcy) . Mrs Bennet vede subito nel suo nuovo vicino un possibile marito per  le sue ragazze e fa di tutto per farlo incontrare con le sue figlie. I vari balli in cui è impegnata tutta l’alta società favoriscono la conoscenza tra Bingley e Jane, la maggiore delle sorelle. Ma oltre a questa storia d’amore, c’è un altro incontro che nel corso del racconto acquisirà sempre maggiore importanza: quello tra Mr Darcy ed Elizabeth. L’odio iniziale tra i due è la colonna portante del libro della Austen, poichè spiega la superficialità istintiva dell’uomo e la testardaggine nel credere che la prima impressione sia quella giusta.

Infinitamente superiore all’amico Bingley per educazione ricevuta e ricchezza, a  primo impatto Darcy appare agli occhi di tutti come un tipo egoista, superbo, orgoglioso e altezzoso, anche se il suo vero carattere è ben diverso e si scoprirà solo più avanti.

I rapporti tra Elizabeth e Darcy non si presentano facili all’inizio, in quanto le barriere sociali li pongono in contrasto. Da una parte c’è l’orgoglio di Darcy, che subisce un colpo terribile quando si rende conto di essere innamorato di una donna di ceto inferiore con una famiglia così poco opportuna. Dall’altra c’è il pregiudizio di Elizabeth nei confronti di un uomo che in un primo momento l’aveva guardata con sufficienza e che dopo l’aveva chiesta in matrimonio in modo così offensivo. Entrambi però nel corso della storia crescono interiormente, si ricredono e si rendono conto dei propri errori, coronando la storia d’amore con un matrimonio felice.
Ma ciò su cui ritengo opportuno soffermarsi è la figura di Elizabeth Bennet. Bella, ma non bellissima, con occhi fuori dal comune, conquista il miglior partito possibile, grazie alla sua intelligenza e al suo carattere fermo. Elizabeth è infatti l’unica in famiglia capace di capire le situazioni e di prendere in relazione ad esse decisioni appropriate, è sempre cosciente di ciò che fa e cerca di agire con la massima razionalità. La giovane donna è sempre messa a dura prova per l’imbarazzo che le provoca la sua famiglia: una madre frivola e volgare come le sorelle minori e un padre disinteressato e cinico. Prova invece un grande e sincero affetto per la sorella maggiore, Jane che è considerata la più bella di tutte le ragazze della famiglia, oltre ad avere un buon carattere.
Elizabeth è un’eroina moderna perchè rifiuta un matrimonio senza amore con un uomo ridicolo e noioso anche se benestante e affronta a viso aperto la terribile Lady Catherine De Bourgh, nobildonna che la ritiene immeritevole del nipote Mr. Darcy. Man mano che la storia procede il personaggio di Lizzy diventa sempre più complesso dal punto di vista psicologico e si scopre la sua capacità di ribellarsi al rigido classismo dell’epoca.

Si può affermare che attraverso questo personaggio, la Austen abbia delineato la sua immagine di donna ideale, dotata di una forza morale e di un’intelligenza tali da farla apprezzare sia dagli uomini che dalle donne, ma anche di sensibilità e femminilità. Una donna che non ha paura di sfidare le convenzioni del tempo, esprimendo liberamente la propria opinione sempre e comunque. In sostanza la Lizzy della Austen non rispecchia affatto l’ideale di donna settecentesca inglese. A ben guardare in lei si può cogliere una sorta di “anticonformismo” tutto al femminile, un attacco al privilegio degli uomini, dichiarando apertamente il diritto delle donne all’indipendenza.

E che dire del giovane Darcy, che ha trovato in Lizzy la sua anima gemella e pur di coronare la sua storia d’amore accetta un matrimonio sconveniente e va incontro all’ira di Lady Catherine de Bourgh, che lo vorrebbe imparentato con sua figlia. Darcy rappresenta un uomo controcorrente per l’epoca perchè riesce a farsi guidare dal sentimento e dalla ragione, rinunciando a seguire quelle opprimenti convenzioni sociali, che lo avrebbero costretto ad un matrimonio infelice.

In conclusione, Pride and Prejudice va considerata una della più belle storie d’amore mai scritte. Una storia ironica e intelligente, in cui i personaggi sono caratterizzati in modo dettagliato e le differenze di classe, le vanità e le debolezze della vita domestica sono descritte in modo arguto e implacabile. Non a caso di Orgoglio e Pregiudizio, sono state realizzate due trasposizioni cinematografiche (1940 e 2005) e ben sette serie televisive (la prima nel 1938).
La celebre opera della Austen ha ispirato anche film come ‘Il diario di Bridget Jones’ (dove tra le altre cose Colin Firth è il Mr Darcy della serie tv del ’95 e si chiama Darcy) e l’ Hollywoodiano ‘Matrimoni e pregiudizi’.

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Paola Chirico

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Per non dimenticare: il coraggio delle sorelle Mirabal

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Patria, María e Antonia sono tre sorelle molto legate tra loro. Adorano la vita ed hanno una grande forza d’animo. Un giorno stanno viaggiando su un’auto assieme ad un autista. Tornano dal penitenziario. Hanno appena fatto visita ai loro mariti, detenuti nel carcere di Puerto Plata, nella Repubblica Domenicana.

D’un tratto, un gruppo di uomini blocca l’autovettura e le costringe a scendere, vengono condotte in un posto non lontano dalla strada: una piantagione di canna da zucchero. Lì, vengono letteralmente massacrate a bastonate. Finito il lavoro, i carnefici rimettono in macchina i corpi senza vita delle tre sorelle e  spingono l’auto in un dirupo al fine di simulare un incidente.

Così muoiono Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa, le sorelle Mirabal; le Mariposas, come le ha chiamate qualcuno…

L’omicidio risale al 25 novembre del 1960. Esattamente cinquantuno anni fa. Ed ecco perché, oggi si celebra il Giorno Internazionale della Non Violenza nei Confronti della Donna.

Una commemorazione che ha origine dal primo Incontro Internazionale Femminista celebrato in Colombia nel 1980. Fu in quell’occasione che la Repubblica Domenicana propose il 25 novembre come Giorno Internazionale della Non Violenza nei Confronti della Donna, in onore delle tre sorelle Mirabal. Diciotto anni dopo, nel 1998, l’assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò all’unanimità la commemorazione di questa data.

Ma perché furono assassinate? E soprattutto, chi erano le sorelle Mirabal?

Patria, María e Antonia erano il simbolo della libertà politica del loro Paese e lottarono contro la spietata tirannia di Rafael Leónidas Trujillo Molina.

Trujillo divenne dittatore nel 1930 truccando le elezioni e per trent’anni guidò severamente la Repubblica Domenicana.  Si fece attribuire il titolo di Benefattore della Patria e Padre della Patria nuova. Tentò di modernizzare il Paese con strade, ponti e scuole e cercò anche di lottare contro l’analfabetismo. Tuttavia, le condizioni di vita rimasero precarie. A causa anche del suo regime, estremamente tirannico e brutale.

Le sorelle Mirabal, cresciute all’ombra della dittatura, entrarono in quello che venne chiamato 14 giugno. Un movimento di resistenza, un gruppo politico democratico guidato da Manolo Travares Justo. Prima Minerva e poi María Teresa usarono come nome in codice “Mariposas”.

Anno dopo anno, il gruppo si allargò in tutto il Paese. Ma nel 1960 venne scoperto dalla polizia segreta di Trujillo. I membri furono perseguitati e messi in carcere. Molti vennero portati a La 40, un carcere di tortura e di morte. Anche le tre sorelle furono catturate. Ma poi rilasciate. Restarono in carcere, però, i loro mariti, due dei quali, Manolo (marito di Minerva) e Leandro (marito di Maria Teresa), vennero trasferiti a Puerto Plata.

Proprio su questa storia, Julia Alvarez, la nota scrittrice di origine domenicana, ha scritto un libro, un magnifico testo dal titolo “Il tempo delle farfalle. Quello della Alvarez è uno splendido romanzo che mescola elementi di fantasia a fatti reali, ripercorrendo le gesta delle tre sorelle.

 

 

 

 

Las Mariposas…

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Paola Chirico

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Sono una donna di Joumana Haddad

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Sono una donna
Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e io avvengo.
Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà
fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della mia prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio
desiderio
e il mio desiderio non riusciranno mai a domare.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glielo lascio credere
e avvengo.

Joumana Haddad

La proprietà di un essere umano è sempre una “proprietà in concessione”, se l’essere umano è poi donna… Anni di abusi di potere sul sesso ritenuto debole, più o meno palesi, hanno fatto sì che l’istinto animale di difesa e libertà, sviluppasse nelle donne una sorta di capacità di fuga, fisica e mentale, una capacità di difesa sulla distanza, distacco e sorpresa.
***
Joumana Haddad poetessa, scrittrice, giornalista libanese (Beirut, 1970), Attraverso i suoi scritti tenta di costruire un ponte fra Oriente e Occidente, la cui distanza è oggi segnata dagli scontri ideologici e politico-religiosi.
 

Adele, ci mancherai!

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Adele Cam­bria ha attra­ver­sato un pezzo della sto­ria d’Italia e della sua infor­ma­zione, ha fre­quen­tato i suoi intel­let­tuali, ha scritto da pro­ta­go­ni­sta pagine del nostro fem­mi­ni­smo.

Mi pace ricordarla solo  con una frase, quasi un ritratto: “A me non piace pia­cere a molti, ma solo ai pochi a cui piac­cio”. Pia­ceva in effetti a molti, sicu­ra­mente a molte, per quel suo sor­riso e quel suo modo irri­ve­rente di dire la verità. Ci mancherai,Adele
Paola Chirico

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Una grande donna accanto a un grande eroe: Anita Garibaldi.

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Quante volte abbiamo sentito affermare che “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”…Di certo le femministe (me compresa) possono giustamente ribattere che le grandi donne possono essere tali, anche senza dover vivere all’ombra del proprio compagno. E allora a chi o a cosa attribuire l’origine di questa frase? Alcuni la attribuiscono alla scrittrice londinese Virginia Woolf, altri la ritengono molto più antica, facendola addirittura risalire ad epoca latina. Comunque, che siano stati i Latini o la Woolf ad aver coniato questa espressione, poco importa… Il dato di fatto è che entrambi hanno ragione, o quasi. Lasciando da parte i casi odierni più famosi, come quello di Michelle Obama o Hillary Clinton o altri ancora, un esempio perfetto si può trarre da una figura molto diversa e molto lontana nel tempo, quella di Anita Garibaldi.

Le lacunose e spesso poco attendibili notizie sulla sua vita, hanno trasformato la giovane donna brasiliana, da un lato, in figura leggendaria di guerrigliera e rivoluzionaria, dall’altro nella classica protagonista di una romantica e tormentata storia d’amore. Queste due versioni della sua immagine e della sua personalità, che non sono affatto in contrasto, forniscono ciascuna, a mio avviso, una lezione per tutti noi. E’ ingiusto considerare Anita Garibaldi una “forza silenziosa” del Risorgimento Italiano o solo l’amante e la moglie dell’eroe dei due mondi. A ben analizzare la sua figura, è stata molto di più.. una donna che possiamo apprezzare, oggi, per la sua forza, la sua determinazione e per essere stata a “fianco” e non “dietro” ad un grande uomo!

Nata a Laguna, in Brasile, da una povera e numerosa famiglia di mandriani Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva mostrò subito la tempra, lo spirito selvaggio, l’agilità e il coraggio di cui era capace. Dapprima, infatti, seppe tener testa a Manuel Duarte Aguilar, un calzolaio ubriacone e violento che la madre, vedova e in difficoltà economiche, le aveva scelto per marito, anche per evitare guai peggiori a una bellezza precoce,  ma già molto avvenente. Poi affrontando con il coraggio di una pantera le incredibili avventure e le durissime privazioni subite nella lotta contro le truppe imperiali accanto a Garibaldi. L’incontro tra Anita e José fu amore a prima vista e tutte le scelte che Anita fece da quel momento in poi testimoniano quanto ella fosse davvero forte, coraggiosa, intelligente, moderna, sia nei pensieri, che nelle azioni.

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Abbiamo bisogno di equilibri!

Elio Pastore equilibri_cosmici

Cado e ricado, inciampo e cado, mi alzo

e poi ricado, le ricadute sono

la mia specialità. Cos’altro ho fatto

che fingere di uscire e ricadere dentro?

Nessuno mai che io trascini insieme a me

cadendo. Grandi equilibri mi circondano

ma non mi reggono, anzi proprio perché io cado

si sorreggono.

(Patrizia Cavalli)


L’mmagine è di Elio Pastori – Equilibri cosmici
Paola Chirico

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Libri e donne: bellezza, profondità ed energia!

Qualche giorno fa, su di un magazine nazionale, mi sono imbattuta in un’intervista ad Alain Elkamm, noto scrittore e giornalista che, a proposito della lettura ha detto “Chi ha letto dei libri e ha il gusto della lettura  certamente si trova meglio,percEdward Hopper, %22Compartment C, Car 293%22hé leggere libri è come laurearsi continuamente, come continuare ad andare avanti a studiare, a conoscere… nulla ti insegna più dei libri!”

Come non essere d’accordo?! Leggere ë un privilegio esclusivo degli esseri umani: nessun’altra creatura vivente possiede la stessa capacità. Attraverso la lettura possiamo venire a contatto con centinaia di migliaia di altre vite, oltre che con la nostra… Possiamo comunicare con saggi e filosofi, vissuti secoli prima di noi, partecipare a una spedizione con Alessandro Magno o diventare amici di personaggi del calibro di Socrate o Platone e, magari, intrattenendoci con loro, fare nostre le loro “sapienze”, sviluppando nuove idee e nuovi punti di vista.

Non c’ë dubbio che un buon libro ci dà la possibilità di appropriarci del modo di pensare dell’autore o dell’autrice, di provare le loro stesse sensazioni, di usare la loro stessa immaginazione e, come per magia, di appropriarci delle loro stesse esperienze!. É questa, a mio avviso, la potenza della lettura… Essa apre infinite strade verso i tesori dello spirito umano di tutte le epoche di ogni parte del mondo, ci permette di raggiungere una profonda comprensione della vita, offrendoci la più ampia possibilità di scelta.. Chi è consapevole di tutto ciò possiede una ricchezza infinita come d’altronde lo è stato per le donne che ci hanno preceduto in tempi passati.

Secondo Blaise Pascal, tra i massimi filosofi di tutti i tempi, noi siamo ” canne pensanti” e il leggere diventa essenziale per pensare, quindi é importante trovare il tempo per leggere e riflettere seriamente sulle cose che ci circondano. Se esiste, quindi, il desiderio di leggere, possibile che non si riescano a trovare pochi minuti al giorno per farlo?. Chi ama la lettura utilizza ogni momento libero per leggere: mentre viagia in treno o prima di andare a letto o, la mattina, appena sveglio … o addirittura sul metrò!. (altro…)

Pensiero fuggevole

Si chiama nostalgia e serve a ricordarci che, per fortuna, siamo anche fragili.
Cesare Pavese


L’immagine é dell’artista Olga Oreshnikov

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