
Durante la seconda Guerra Mondiale le donne poterono compiere per la prima volta una scelta libera, ossia quella di far parte di un “movimento” che prese il nome di Resistenza Partigiana.
Grazie ad esso le donne si ribellarono alla società patriarcale e alla educazione fascista che considerava la donna come “la pietra fondamentale della casa, la sposa e la madre esemplare”.
Le donne nonostante abbiano partecipato così attivamente alle lotte partigiane, rischiando anche la vita per difendere i loro ideali, non riuscirono a ribaltare la percezione della società rispetto al loro ruolo nella quotidianità anche a causa della Costituzione che poneva dei limiti sulla loro figura, sia sul piano lavorativo sia su quello personale. I loro obiettivi non si realizzarono appieno e per questo la loro lotta per gli ideali viene considerata una rivoluzione a metà e rappresenta uno dei punti di partenza per l’emancipazione femminile.

Con il referendum del 2 Giugno 1946 (diritto di voto anche alle donne) si stabilì l’uguaglianza formale fra i sessi e nel 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, fu sancita la parità tra gli uomini e le donne (art.3/29/31/37/51)


Gli anni Settanta/Ottanta rappresentano il periodo più importante per il movimento femminista italiano, che riesce a raggiungere obiettivi significativi:
1) l’adulterio femminile non è più reato;
2) viene approvata la legge sul divorzio;
3) parità tra uomini e donne nel campo del lavoro
4) viene cancellato l’articolo che punisce la propaganda di anticoncezionali;
5) approvazione legge dell’aborto;
6) per la prima volta un ministro donna (Tina Anselmi);
7) prima donna presidente della Camera ( Nilde Iotti).
Ancora oggi si combatte per l’emancipazione femminile sia in Italia che nel resto del mondo.
Leggendo i documenti relativi alla lotta partigiana che raccontano la storia di donne e uomini che hanno perso la vita e dei pochi sopravvissuti che sono stati premiati con le medaglie d’oro, si è smosso qualcosa dentro di me. Questo qualcosa è probabilmente relativo a ciò che avrei fatto io rispetto a quella situazione. Probabilmente non avrei avuto il coraggio di affrontare una situazione così grave, un percorso così difficile, rinunciando alla gioventù, ai primi amori, le amicizie, alla propria famiglia.
E invece queste donne e questi uomini al tempo giovani ragazze e ragazzi hanno messo da parte i loro timori, i loro sogni, le loro ansie e le esperienze di vita per dare spazio ai propri ideali. Hanno combattuto e sono morti per portare avanti le loro idee e coloro che sono sopravvissuti hanno continuato negli anni a raccontare quello che gli è costato di più.

Tante sono le testimonianze e soprattutto di coloro che raccontano quanto fosse terribile e soprattutto difficile uccidere le persone, perché nonostante fossero tedeschi, fascisti, brutte persone, un giovane o una giovane non uccidono.
In tutto ciò un ruolo preponderante nella Resistenza è stato occupato dalle donne. Le donne non facevano parte dei giovani eserciti fascisti, ad esempio, quelli dei Balilla, quindi non si sono ribellate soltanto alla politica del tempo, ma hanno compiuto una libera scelta, quella di non rimanere in disparte.
È proprio su questo che si basa l’importanza che le donne hanno avuto in quel periodo storico e che si è protratto sino ai giorni nostri. Oltre alla emancipazione femminile ricordiamo anche la nascita del Sistema Sanitario Nazionale voluto dalla partigiana Tina Anselmi.
Bisogna riflettere su tutto ciò, e soprattutto di questi tempi, perché probabilmente quelle ragazze non si aspettavano di avere una risonanza così forte, né durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se lo speravano, né per tutti gli anni a venire.
Ciò che oggi bisogna fare è rendere l’Italia libera da tante demagogie e tante parole. Un Paese libero, nel quale le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini ( e qui la strada è ancora tortuosa!) e i cittadini facciano in modo di non trovarsi dinanzi a una nuova dittatura che non porta a nulla se non a guerre sanguinosissime.
Quello che hanno fatto chi ci ha preceduto non è un risultato occasionale, ma la voglia di (ri) portare fiducia in un Paese allo sbaraglio.
E alle donne partigiane, in particolare, va un nostro GRAZIE ché ci hanno insegnato che se una cosa si desidera bisogna combattere e farsi sentire. La loro forza, da sempre esistita, e non sempre riconosciuta è uno sprone per noi affinché il nostro ruolo venga riconosciuto e difeso sempre.