L’oblio nuoce alla conoscenza: la storia della scrittrice Fausta Cialente.

Fausta Cialente da giovane

Pochi sono gli intellettuali che, negli anni, si sono confrontati con la scrittura delle donne: esigue sono le figure femminili che vengono ricordate oggigiorno (Sibilla Aleramo, Alda Merini, Ada Negri, Matilde Serao: chi altro?), e questo accade perché la memoria delle loro parole è stata volutamente occultata e nascosta ai lettori, soprattutto perché le donne non venivano ritenute abbastanza capaci di saper scrivere come uno scrittore, non sufficientemente in grado di trasmettere le stesse sensazioni tramite le parole che utilizzavano.

Parliamo di una vera e propria subordinazione della scrittura femminile nei confronti di quella maschile sulla base di criteri canonici valsi per moltissimi anni: criteri basati sullo stile, sul pathos, sull’etica di un’opera. Le donne, secondo la maggior parte dei critici, non facevano parte della casta inarrivabile degli scrittori, ma semplicemente si dilettavano con dei romanzi d’amore, relegati ad un pubblico di bassa lega (anch’esso formato da donne, naturalmente!).

Nonostante i pregiudizi e le difficoltà che le scrittrici hanno dovuto affrontare per arrivare a possedere quella dignità che era stata loro negata, nel ‘900 sembra esserci una sorta di rivalsa, di riscatto: è proprio in questo secolo che alcuni dei più importanti personaggi letterari del tempo sono donne.

Donne che vendono milioni di copie dei loro libri, che diventano pilastri intellettuali del secolo breve, che si fanno portatrici di battaglie per rivendicare la loro libertà intellettuale diventando scrittrici affermate e agognate dagli editori più importanti: parliamo di personaggi come Sibilla Aleramo, Alba De Céspedes, Anna Banti e, soprattutto, Fausta Cialente. Figura decisamente poco studiata e conosciuta, Cialente rappresenta la donna-scrittrice che si crea da sé, un demiurgo muliebre che crede fermamente nella propria libertà letteraria ed intellettuale, decidendo quindi di affermarsi in una società che non è pronta ad accogliere le scrittrici per conferire loro la giusta considerazione e dignità artistica. 

Fausta Cialente (Cagliari 1898 ) nasce come scrittrice autodidatta, diventando in seguito una giornalista radiofonica durante il periodo della Resistenza (una delle esperienze più determinanti e centrali della sua vita), collaborando inoltre anche con vari giornali dell’epoca tra cui “L’Unità”, “Noi donne” e “Il contemporaneo”.

La sua è decisamente una formazione di tipo cosmopolita e multiculturale: si trasferisce ad Alessandria d’Egitto appena ventenne (passando per Cagliari, Trieste, Firenze, Milano), in seguito al suo matrimonio con Enrico Terni (compositore e agente di cambio), e partecipa alle vicende italiane come figura intellettuale attraverso il giornalismo e i suoi numerosi racconti. Malgrado tutto, Fausta, ovunque vada, si sente una straniera, senza radici né casa: la sua multiculturalità è contemporaneamente nomadismo, che la porta ad affrontare numerosi viaggi senza mai insediarsi completamente in nessun luogo, senza appartenere a nessuna terra. 

Nonostante non abbia una dimora che possa essere definita “sua”, Cialente continua a scrivere romanzi, racconti, sceneggiature cinematografiche.

Il riconoscimento più importante arriva nel 1976 col premio Strega, grazie al romanzo “Le quattro ragazze Wieselberger”, attraverso il quale Cialente racconta due storie: quella della sua famiglia, dunque una storia privata, che si intreccia con la storia collettiva coeva, quella della borghesia italiana di inizio ‘900, colpevole di aver innescato quella scintilla bellica che si sarebbe poi tramutata in conflitto mondiale.

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