
Il funzionamento del premio è variato di poco rispetto a quando Maria Bellonci stese il primo regolamento. Il riconoscimento viene assegnato ogni anno a un libro di narrativa scritto in lingua italiana e pubblicato in prima edizione tra il 1° marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso. In 74 anni non sono mancati gli incidenti, le offese, i melodrammi e pure i retropensieri. Nel 1961 ci fu un pasticcio con i voti fatti arrivare per posta. Vinse per un voto Raffaele La Capria con il romanzo Ferito a morte, ma ci furono attimi di tensione perché si pensò a un errore. Nell’anno delle contestazioni, il 1968, anche il Premio fu criticato. Venne accusato da Pier Paolo Pasolini, pronto a lasciare la gara, di subire le pressioni dell’industria culturale. Negli anni Settanta, poi, Italo Calvino, eterno secondo, disse che il romanzo era morto e il premio ostaggio degli interessi editoriali.
Pazienza se le intenzioni dell’ideatrice erano molto più “pure”. “Noi abbiamo detto e ripetuto che i votanti dovrebbero considerare meglio che lo scrittore, il libro. Ma non sempre […] le nostre esortazioni sono state seguite”. Le accuse legate ai meccanismi di selezione e di voto con le influenze e le alleanze sempre meno velate dei grandi gruppi editoriali danno la misura delle polemiche che hanno spesso abbracciato il successo del Premio Strega. Una polveriera architettata da una donna dal carattere fermo e mite al tempo stesso, talvolta ingenuo, che diceva di non sapersi orientare nel gioco della mondanità e che si augurava discussioni temperate anche se il marito preferiva quelle accese, che facevano chiacchierare il premio sui giornali.
A chi le dava della salottiera Bellonci rispondeva che sapeva bene cos’era l’amicizia e non concepiva le relazioni mondane. Riceveva gli ospiti indossando sempre la stessa divisa: pantaloni in velluto neri e camicetta bianca ricavata dallo strascico del suo vestito da sposa perché di soldi, malgrado le apparenze, ce n’erano sempre pochi. Bellonci preferiva parlare con gli scrittori che non cambiavano tono o discorso quando si rivolgevano a una donna, come l’amico Cesare Pavese, Premio Strega nel 1950, che “aveva questa particolarità così rara negli uomini e soprattutto negli uomini d’ingegno”.
Quando, nel 1948, La Stampa scelse l’aggettivo “galante” per identificare il gruppo di sostenitori del libro di una scrittrice in gara, Anna Banti, Bellonci scrisse una dura lettera al giornale, dal titolo “Difesa delle scrittrici”. “Io vorrei, caro Direttore, che diventasse regola di civiltà rispettare il lavoro delle donne […]. Noi donne che scriviamo siamo avezze ad essere fraintese, e sappiamo che capire chi non ci capisce deve essere uno dei nostri esercizi di pazienza”.

Chissà se può ancora essere considerato un termometro dei gusti dei lettori italiani
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Come ho scritto nell’articolo il Premio Strega non “premia” più lo scrittore o la scrittrice, bensì le tante case editrici che si fanno concorrenza tra di loro.
Che non possa essere un termometro “de gustibus” per noi lettori/ci è del tutto personale.
Grazie.
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Forse, avendo comunque un’influenza significativa sulle vendite, è diventato più un termometro del potere dei premi di orientare proprio gli acquisti librari/le scelte di lettura
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