Lo leggo e lo sento dire sempre più spesso e ogni volta mi fa un effetto strano, come se mi avessero appena detto: “Non sono contro il razzismo/contro lo sterminio dei cuccioli di foca/contro lo sfruttamento minorile/contro il ketchup nel ragù”.
Non dico che non sia legittimo, ma non è neanche una cosa che si possa comunicare a cuor leggero, come se stessimo dichiarando quanto zucchero vogliamo nel caffè.

Affermare di non essere femminista è una scelta estrema e radicale, è una presa di posizione netta contro i diritti delle persone, è una sorta di dichiarazione di guerra ai concetti di base della democrazia e della giustizia.
Affermare di non essere femminista significa che non ci importa avere diritti uguali per tutti, che non ci interessa se le donne ricevono uno stipendio più basso rispetto agli uomini, che non ci interessa se le donne vittime di violenza vengono processate da una giustizia maschile e condannate prima e più duramente dei loro aggressori. Non essere femminista significa che non ci importa che donne e uomini abbiano pari opportunità e che una bambina possa sognare di svolgere una professione “maschile” senza dover superare il doppio degli ostacoli e ricevere la metà dei riconoscimenti.
Non essere femminista significa che riteniamo giusto che gli assorbenti costino come beni di lusso e che le donne siano considerate prima oggetti che soggetti, oggetti di sguardi, di battute, di spiegazioni, di commenti, di volgarità , di limiti e divieti. Non essere femminista significa che siamo convinte che esista un noi e un loro e che quello che accade alle altre donne non ci riguardi tutte, in qualche modo, prima o poi.
Che cosa significa allora essere femminista? Essere femminista significa non giudicare, non giudicare le donne che restano a casa e non giudicare quelle che danno la precedenza al lavoro. Non giudicare chi si mette al servizio dei figli e chi sceglie di non averne. Essere femminista significa non confondere la femminilità con il sesso o con la maternità.
Essere femminista significa sollevare domande, aprire porte, abbattere tabù e luoghi comuni, significa anche imparare a sognare in un modo diverso, scoprire che non c’era bisogno di vergognarci, significa liberarci dei sensi di colpa e della solitudine, liberarci dal peso di aspettative che non ci corrispondono e ci fanno sentire sbagliate.
Essere femminista non significa andare in giro con la faccia arrabbiata , né odiare gli uomini, non significa neanche essere grintose e combattive, o vestire i maschi di rosa e le femmine di azzurro, non significa sognare una figlia scienziata e né mettere al rogo i romanzi rosa e girare la testa davanti alle emozioni. Essere femminista non significa dover dimostrare a tutti i costi di essere forte e non significa non potere e non dovere chiedere aiuto.
Essere femminista non significa necessariamente scendere in manifestazione, né lottare se non ci sentiamo all’altezza di farlo, non significa neanche essere obbligate a ribellarci, se quella ribellione ci fa male, in qualche modo. Essere femminista é rimettere in discussione la realtà in cui viviamo e i nostri diritti e doveri. Ciascuna di noi è femminista come può e come le riesce, ciascuna arriva fino a dove glielo permette la sua personalità e la sua situazione.
Essere femminista significa una cosa diversa per ciascuna di noi, proprio come è diverso il modo di sognare di ciascuna di noi. Perché essere femminista sta nell’imparare a coltivare i nostri sogni, quei sogni di cui ci hanno insegnato a non fidarci e di cui hanno sorriso e continuano a sorridere.
Essere femminista significa tornare a crederci, e sentirsi in diritto di provarci.
Ogni volta che qualcuno dice di non essere femminista non sta rivendicando il diritto a essere se stessa, sta rinunciando a quel diritto e sta calpestando un sogno!
@paola chirico