Giovanna II d’Angiò-Durazzo, la regina famosa per i suoi numerosi amanti, è stata da sempre circondata da un alone di mistero soprattutto per quanto riguarda il destino macabro che attendeva gli uomini sentimentalmente legati a lei. Si racconta, infatti, che la sorte dei suoi amanti, una volta posseduti, fosse la morte, provocata facendoli precipitare in trappole costruite ad hoc nei luoghi degli incontri o rinchiudendoli in segrete da cui non sarebbero più usciti vivi. Oggi gli storici stanno rivalutando la sua personalità, allontanandola sempre più dal mito popolare e tentando di capire le sue scelte amorose dal punto di vista psicologico.
Ma chi era veramente la cosiddetta Ape Regina mangiatrice di uomini? Giovanna II d’Angiò, soprannominata Giovannetta, figlia del re Carlo III d’Angiò e della regina Margherita di Durazzo, succedette sul trono di Napoli al fratello Ladislao I, deceduto privo di eredi legittimi. Fu regina di Napoli dal 1414, anno della scomparsa del fratello, al 1435, anno della sua stessa morte.
“Femines non sunt ut homines viriles” (“le donne non sono virili come gli uomini”), cioè la regina non è una donna forte, disse di lei il fiorentino Doppo degli Spini. Sovrana debole e insicura, Giovanna fu intuitiva ed assennata, generosa e caritatevole (sostenne molti istituti di assistenza), costretta, però, a vivere in un mondo dominato da scaltre figure maschili, dove a contare erano la forza e l’astuzia. Impreparata a regnare, essendo arrivata tardi al trono, nata per l’amore e non per la guerra (di lei dicevano che lassavese vencere secretamente alla tentazione della carne) , probabilmente non fu affatto la scaltra e dissoluta mangiauomini dipinta dai detrattori, ma una donna sola, costretta ad assumersi responsabilità e a fronteggiare insidie alle quali non era stata preparata, vittima di avidi personaggi e di squallidi raggiri, costretta, nelle avversità (contro gli attacchi dei due più acerrimi contendenti, Alfonso V d’Aragona e Luigi d’Angiò) a barcamenarsi, aiutata più concretamente, in quel suo mondo in tempesta, dai capitani di ventura, come lo Sforza, il Caldora e il Colleoni.
Il suo regno fu estremamente travagliato e la sua vita fu attraversata da alterne vicende domestiche e sentimentali. Arrivata al potere a quarantatrè anni, senza alcuna pratica di governo, dopo aver trascorso la giovinezza tra svaghi, divertimenti, feste e amori, fu costretta, per aver ereditato un regno instabile e vacillante, a lasciarsi guidare da consiglieri astuti ed ambiziosi. Quando rimase vedova di Giovanni d’Austria, dal quale non aveva avuto figli, il suo favorito Pandolfello Piscopo, detto Alopo (secondo alcuni ex stalliere, secondo altri di buona famiglia, prima coppiere e poi da lei nominato Gran Camerlengo), con il quale ebbe un lungo legame amoroso, malvisto dai baroni, la spinse a risposarsi, nel 1415, col francese Giacomo II di Borbone, conte della Marca, un uomo di nobili origini, ma di pochi scrupoli, al quale però fu riconosciuto solo il titolo di principe consorte.
Giovanna II con il secondo marito Giacomo II di Borbone
Il Borbone prima accettò il ruolo, poi ci ripensò e volle diventare Re. Fece uccidere l’amante della regina, Pandolfello, mise uomini di sua fiducia in alcuni posti chiave, si attirò l’odio della moglie e di tutta l’aristocrazia. Il popolo, sobillato dai nobili e dai fedeli di Giovanna, si ribellò e a Giacomo gli andò anche bene, perché riuscì a cavarsela e a non finire ammazzato come era accaduto per altri. Tumulti e rivolte popolari lo convinsero a lasciare Napoli e tornarsene in Francia nel 1418.
In questo periodo divenne favorito della regina il giovane Sergianni Caracciolo, di nobile famiglia napoletana. Giovanna iniziò con lui una celebre e discussa relazione. Evidentemente non aveva imparato niente, poiché ripeté lo stesso errore commesso con Pandolfello, mischiando l’interesse privato con il pubblico: Sergianni divenne una specie di primo ministro e fu investito dell’autorità di assumere, motu proprio, molte decisioni cruciali, fino a diventare egli stesso l’arbitro e il padrone del Regno.
Su Giovanna II, ormai anziana, si addensavano nuvole e soprattutto dicerie sui suoi costumi e le sue abitudini sessuali. Impossibile narrare tutte le vicende di questo periodo, tra intrecci strani, alleanze e tradimenti, attacchi interni ed esterni al Regno, pretendenti al trono, congiure e ribellioni, baroni e grandi del Regno, morti ammazzati e non, Papa e antipapa, donne e uomini in cerca di potere e di ricchezze, personaggi famosi dalle stelle alle stalle e viceversa, come Muzio Attendolo Sforza, capo dell’esercito prima, poi imprigionato poi liberato, poi allontanato e ancora richiamato, e il figlio Francesco, futuro duca di Milano, e l’ennesimo errore della Regina.
Senza figli, dovendo trovare un erede al trono, Giovanna scelse prima Luigi d’Angiò, poi cambiò idea e adottò Alfonso d’Aragona, poi cambiò di nuovo e tornò all’Angiò, provocando così solo una guerra tra Angioini ed Aragonesi che finirà nel 1443 con la vittoria di Alfonso.
Giovanna si spense la notte del 2 febbraio del 1435, dopo aver riconosciuto come suo erede Renato d’Angiò, fratello di Luigi, morto alcuni mesi prima. Fu sepolta, con semplicità, sotto l’altare maggiore della Chiesa dell’Annunziata , ma nel 1757 un incendio distrusse la sua tomba. Uno splendido monumento sepolcrale, opera di Andrea Nofri, realizzato nella chiesa di San Giovanni a Carbonara, a Napoli, la ricorda ancora oggi, nel mausoleo a Ladislao di Durazzo.
Giovanna, descritta donna bella e piacente, nella rappresentazione scultorea non ha nulla di leggiadro e affascinante, ma appare donna appesantita, irrigidita nella dignitosa postura regale, forse perché, come annotò Alessandro Cutolo, lo scultore non ebbe fama di grande ritrattista, oppure, più semplicemente, perché colta nella stanchezza degli anni. Di fatto, al di là della bellezza fisica, mai esercitò realmente, non perché in balia delle sue passioni amorose, ma perché inesperta, inadatta a governare, essendo stata educata a condurre vita di principessa, e in età non più giovanissima, posta di fronte a fatti e responsabilità troppo più grandi di lei, vittima dell’ambiente circostante, di uomini avidi e scaltri, travolta dalle tumultuose vicende del suo regno.
Si era donne anche così, nel Medioevo!
@paolachirico