Il 26 dicembre 1965, alle 9.00 del mattino, Franca Viola, una ragazza di 17 anni, viene rapita da Filippo Melodia e dai suoi amici. Il Melodia, pretendente respinto, è nipote di un boss mafioso, è un prepotente che non ammette rifiuti. Il rapimento fa seguito a una serie di avvertimenti mafiosi nei confronti del padre di Franca: bruciata la casetta di campagna, distrutto il vigneto e portato un gregge di pecore a pascolare nel campo di pomodori. Bernardo Viola viene persino minacciato con una pistola, ma non cede e non vuole concedere la figlia a un individuo violento e pericoloso. Il Melodia si presenta alla casa della ragazza con i suoi compari, picchia violentemente la madre che cerca di resistere e si porta via Franca e il fratellino, che le si è aggrappato alle gambe nel tentativo di proteggerla. Il fratellino viene rispedito a casa e Franca viene tenuta segregata prima in un casolare di compagna, poi in casa della sorella del Melodia.
“Rimasi digiuna per giorni e giorni. Lui mi dileggiava e provocava. Dopo una settimana abusò di me. Ero a letto, in stato di semi-incoscienza”, racconterà Franca. Il 6 gennaio 1966 la polizia, coinvolta dal padre, rintraccia il rifugio e riesce a liberare la giovane. Il Melodia viene arrestato con i suoi complici, ma conta evidentemente sul matrimonio “riparatore” che, come prevede la legge italiana di allora, scagiona il rapitore che sposa la propria vittima. Franca però rifiuta di sposarsi dando quindi avvio al processo, che si svolge nel dicembre del 1966.
Il padre Bernardo decide di costituirsi parte civile malgrado le pressioni esercitate per dissuaderlo. L’attenzione di tutta la stampa locale e nazionale è altissima, sia perché è la prima volta che una donna sceglie di sfidare le arcaiche regole di un “onore” presunto e patriarcale, sia perché in questa vicenda si vede l’occasione di intaccare, almeno in parte, il potere della mafia.
Il prezzo da pagare è altissimo: minacce, ricatti, l’opinione pubblica ostile, insomma una clausura stretta, con polizia fuori da casa giorno e notte e nessuna possibilità di lavoro per il padre. Ma la chiarezza della posizione di Franca risuona come un rimprovero a una società ancora chiusa dal pregiudizio: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”. Franca, già duramente provata dalla violenza del rapimento e dalla vita di clausura che sta conducendo, è pure costretta a cambiare legale, avendo incontrato nello studio del proprio patrocinante il parente di uno dei rapitori.
Trasportata da Alcamo a Trapani da una camionetta della polizia, Franca presenzia con grande coraggio a tutte le udienze. Il Melodia tenta di infangarla ulteriormente, raccontando di avere avuto già in passato rapporti con lei. Dai legali del Melodia viene persino avanzata richiesta di una perizia per accertare quando fosse avvenuta la deflorazione della ragazza. Il processo si conclude con la condanna ad 11 anni per il Melodia e i suoi complici. “Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola.” L’attesa vendetta delle famiglie dei condannati, per fortuna, non arriva. L’arciprete di Alcamo predica che tutto quel baccano farà restare Franca “zitella”. Invece Franca si sposa il 4 dicembre del 1968 con Giuseppe Ruisi.
Durante il processo il Melodia l’aveva minacciata, dicendole che se avesse sposato quell’uomo lo avrebbe ammazzato. Loro si sposano lo stesso: la cerimonia è annunciata per le 10. Franca vuole un matrimonio in piena regola, le partecipazioni, l’abito bianco, i fiori in chiesa, il ricevimento… Davanti e dentro alla chiesa moltissimi fotografi e curiosi, tutti imbrogliati, perché la cerimonia si è già svolta alle 7 del mattino, alla presenza solo di familiari e testimoni. Oggi Franca vive ancora ad Alcamo, ha avuto tre figli. “È arrivato il momento in cui ho dovuto dirglielo. Sergio era in prima media. La sua insegnante un giorno disse in classe ‘Fra qualche anno nelle antologie ci sarà anche la storia della mamma di Sergio’”.
Filippo Melodia è morto, ucciso vicino a Modena. Alcuni dei suoi complici vivono ancora ad Alcamo. “Li incontro ogni tanto. Preferisco evitarli, ma se non riesco li saluto e loro mi salutano, quasi sempre abbassano gli occhi. Magari anche loro sono stati ingannati, magari quello lì gli aveva detto quello che poi ha detto al processo, che io ero d’accordo a sposarlo ma mio padre no”.
Nonostante il coraggio di Franca abbia fatto da apripista a molte analoghe denunce, affinché il “matrimonio riparatore”, insieme con il “delitto d’onore”, escano dal codice civile come argomenti che legittimano di fatto la violenza su donne, fidanzate, mogli, si dovrà aspettare il 1981 perché qualcosa cambi a livello di legge. Molta strada rimane comunque ancora da fare…Solo nel 1996 lo stupro diviene un reato contro la persona e non solo un reato contro la morale.
In tempi recenti, la Cassazione civile, sez. I, si è dovuta esprimere con una sentenza 30.03.2012 n° 5175, parla di matrimonio riparatore, infatti secondo la Cassazione: “è legittima la nullità del matrimonio contratto al solo scopo di riparare al concepimento, non voluto, del figlio, qualora sia dimostrata la conoscenza, da parte del coniuge, della riserva mentale dell’altro.” Per matrimonio riparatore in Italia si intendeva il matrimonio celebrato fra fidanzati che avessero già avuto rapporti sessuali o che stavano per avere un figlio. In quel caso ad essere compromesso era il cosiddetto “onore” della fidanzata che avrebbe dovuto arrivare vergine al matrimonio. Se le nozze sono “riparatrici” il matrimonio è nullo. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza 5157/2012, bocciando il ricorso di una moglie ricorsa contro la sentenza del tribunale ecclesiastico, resa esecutiva dal Supremo tribunale della segnatura apostolica, che aveva sancito la nullità del vincolo “a causa dell’esclusione dell’indissolubilità del matrimonio” da parte del marito”.