Il breve romanzo di Mariagrazia De Castro racconta la progressiva scoperta dell’universo femminile , nelle sue molteplici sfaccettature, da parte della piccola Sylvie, la cui capacità di analisi del reale, nella sua verità cruda senza filtri, cresce insieme ai suoi seni acerbi, fino a fare di lei stessa una donna.
Una donna, anch’essa maledetta dal finto perbenismo, perché libera nel corpo e nell’anima, perché erede dell’esploratrice Maria Henrietta Kingsley e della pittrice Suzanne Valadon, ma, soprattutto, di quante, come Simone de Beauvoir, Virginia Woolf, Irène Némirovsky e Jane Austen, tutte citate nel libro, si affidarono alla scrittura per guarire i mali dell’anima e disegnare una storia tutta al femminile, intingendo la penna nel sangue di un’Eva che mille volte fu maledetta.
“Questo sono gli uomini: per loro la donna è oggetto di eccessive e costanti attenzioni o di assoluta noncuranza. Senza sapere quali di questi due estremi sia peggio, ogni donna è condannata a riviverli entrambi“.