Quando ancora Lilly Gruber o la Milena Gabanelli erano ben lungi dal comparire sulla scena del giornalismo italiano, all’epoca in cui le redazioni erano luoghi per soli maschi, una donna dal piglio sicuro si faceva strada tra i fiumi di inchiostro grazie alla sua passione per la scrittura e l’informazione.
Mentre le sue colleghe imperversavano su riviste femministe e discutevano animatamente sul futuro della donna, lei, semplicemente, metteva in pratica.
Matilde Serao non era mai stata una femminista e, anzi, criticava le idee di indipendenza delle sue colleghe scrittrici, prima fra tutte la amata poetessa Sibilla Aleramo. Paradossalmente, lei contraria, diverrà un’icona di femminismo per le generazioni a venire.
Matilde intraprese la sua carriera sin da bambina, quando, dopo la scuola, correva a fare i compiti nella redazione giornalistica del padre: l’odore delle idee si mescolava a quello della carta, giorno dopo giorno entrando nel piccolo mondo della Serao in miniatura.
Il colpo di penna che la rese famosa fu la creazione e la conduzione della rubrica Api, Mosconi e Vespe diventata Mosconi su il Mattino, che trattava storie di vita mondana e non, tratteggiando bozzetti sferzanti sulla vita cittadina.
Collaborò a il Giornale, il Corriere del Mattino, Capitan Fracassa, il Fanfulla della Domenica e la Domenica Letteraria, ma la vera svolta venne nella redazione del Corriere di Roma.
Qui, Matilde conobbe Edoardo Scarfoglio, che precedentemente denigrando il lavoro letterario della Serao, fatto di novelle e racconti, e la sua personalità giornalistica, che tentava di tenere il passo di una redazione di soli uomini, pensò bene di sposarla. La vecchia storia del chi disprezza compra.
I due ebbero quattro figli, tutti futuri giornalisti, e fondarono insieme il Mattino.
Purtroppo il matrimonio finì a causa dei continui viaggi per reportage e scappatelle di Scarfoglio. Era il 1904 e la Serao, estromessa ormai anche dal Mattino per questioni pubbliche oltre che private, decise di riprendersi la sua vita. Era il 1904 e, prima donna a farlo, fondò una testata giornalistica di cui divenne direttrice. Si trattava de Il Giorno, che diede sempre filo da torcere alla testata giornalistica dell’ex marito. Altro che poesiole e lacrime!
Complice l’amato padre e la sua vita in redazione, la Serao passò il resto dei suoi giorni con penna e calamaio, riuscendo comunque a ritrovare l’amore.
Ma la Serao non fu solo giornalismo: da buona intellettuale qual era, la sua penna vergò molte opere, tra cui il famosissimo Ventre di Napoli, 1884, in cui descrisse per la prima volta le condizioni reali della popolazione napoletana, allora vittima dell’epidemia di colera.
Candidata al Nobel per la letteratura, per problemi con il regime fascista non l’ottenne, mentre fu dato alla scrittrice Grazia Deledda.
La storia di una donna in evoluzione che cresce grazie e con la scrittura, tramite la ricerca della verità e l’informazione.
Un esempio per chiunque, non solo donne.
Morì intenta a scrivere il suo ultimo pezzo, leggenda dice. Noi ci crediamo: fa sempre bene credere in qualcosa di positivo e la Serao è ormai simbolo di quella forza che dimostra quanto una vita a rincorrere le passioni, sebbene gli ostacoli siano molti e di diversa entità, paghi sempre.
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