Il 3 marzo prossimo uscirà al cinema Suffragette. Un film che racconta le imprese delle donne inglesi che, a inizio secolo scorso, hanno lottato e fatto la storia perché fossero riconosciuti i loro diritti, in campo economico, civile, giuridico e soprattutto politico, in primis il diritto al voto.
Da un punto di vista diverso però, non come la storia ce l’ha fino ad ora raccontato, e cioè di donne pacifiche, manifestanti, e sfilate di cartelli. No, le suffragette hanno fatto ben altro e se consideriamo l’epoca in cui si sono svolti i fatti, tutto ciò assume un aspetto straordinario.

Ma d’altronde la censura al giornalismo non permetteva la trasmissione dei fatti così come avvenivano, anzi ne sminuiva le azioni fino a distorcere completamente la realtà. Ci si è affidati agli archivi, alle lettere, ai diari privati. E sono così giunte a noi storie di lotta dura, lotta vera. Di donne che per la causa hanno sacrificato la loro vita privata o perdendola, come Emily Davison che si lanciò verso il cavallo di re Giorgio V per attaccare alle briglie il vessillo delle suffragette, ma ne morì travolta. Donne spiate, picchiate, imprigionate, costrette con la forza a mangiare durante gli scioperi della fame.
Sì, perché dopo quarant’anni di campagne pacifiche, dove nessuna promessa fu mantenuta, le suffragette decisero di abbandonare il loro garbo e iniziarono ad agire con azioni radicali e violente. Tutto ciò per attirare l’attenzione sulla loro causa.
Edith Garrud è un nome che a leggerlo non dice nulla. Eppure Edith è stata una donna di quelle che la storia dovrebbe ricordare. Una delle prime a imparare e a insegnare l’arte marziale dello jujitsu, si prodigò per la causa delle suffragette e insegnò loro a difendersi e a combattere contro gli attacchi violenti della polizia.
Organizzava corsi segreti, insegnava l’uso della clava e la lotta corpo a corpo. Tanto che la stampa coniò il termine “Suffrajitsu” per descrivere le loro tecniche, quasi sempre di successo, nell’autodifesa, nei sabotaggi e nelle fughe.

La Garrud non è una delle protagoniste del film, ma a lei è ispirato uno dei personaggi principali. Perché è un esempio di forza, coraggio, astuzia, antesignana sotto tanti punti di vista.
Ma oserei dire che potrebbe essere un’ispirazione anche per noi. Oggi parliamo troppo spesso di mancanza di ideali, di solidarietà, e in effetti se ci rapportiamo a quanto la storia “vera” ci racconta, non possiamo che esserne d’accordo.
Troppe volte vogliamo, pretendiamo, critichiamo, lamentiamo… ma la rivoluzione non si fa seduti in poltrona. Mi capita spesso di vedere passare per le strade manifestanti, che per quanto giusta sia la causa, sono sempre pochi. Mai una bella manifestazione di massa, seria.
É come se venisse meno la voglia di lottare, perché non si crede più a nulla. E non ci accorgiamo che diventiamo sempre più schiavi del sistema.
Edith Garrud insegnava autodifesa centocinque anni fa, queste donne lottavano per la libertà un secolo fa! Sono loro che dovrebbero ispirarci, non i politicanti di turno!
E la loro lotta non fu vana, nel 1918 il parlamento del Regno Unito approvò la proposta del diritto di voto limitato alle mogli dei capifamiglia, e in seguito con la legge del 2 luglio 1928, il suffragio fu esteso a tutte le donne del Regno Unito.
In Italia invece le donne dovettero aspettare di più, solo nel 1946 fu finalmente riconosciuto questo diritto. E su questo ho già scritto in un mio precedente articolo
Per la cronaca, nel 1966 al suo 94 ° compleanno, Edith Garrud fu la protagonista di un ampio articolo di approfondimento pubblicato sulla rivista Woman. Grande fino alla fine!