Augusta Giulia Drusilla, unica e bellissima figlia di Cesare Ottaviano Augusto, nacque, nel 39 a.C., dal matrimonio dell’imperatore con Scribonia.
Processata, per la sua condotta di vita non propriamente esemplare, fu condannata in esilio perpetuo prima nell’isola Pandataria, l’odierna Ventotene, poi a Regium Julium, l’attuale Reggio Calabria, dove si spense, nel 14 d.C., esattamente quattro mesi e undici giorni dopo la morte del padre.
Le notizie che gli storici hanno tramandato su Giulia Drusilla sono piuttosto scarne e frammentarie, ragion per cui il suo processo, la sua condanna e il suo esilio, che già a quei tempi avevano posto molti interrogativi e lasciato inquietanti dubbi, sono ancor oggi avvolti dalla nebbia del sospetto e del mistero.
Nonostante la pesante condanna, infatti, tutti i cronisti dell’epoca concordano nell’apprezzare la generosità, la sensibilità e la gentilezza d’animo di Giulia.
Macrobio, scrittore e storico latino del IV secolo dopo Cristo riferisce che la plebe romana chiedeva a gran voce il suo perdono ”per la squisita educazione ed estrema dolcezza, che attiravano enorme simpatia”.
Ma perché allora Augusto, clemente con molti dei suoi nemici, non volle concedere il perdono a sua figlia? Il mistero rimane irrisolto e si colora di giallo: troppe morti e circostanze sospette avvolgono questa storia. L’accusa di condotta licenziosa e immorale maturò contro Giulia in un clima di congiure e malcontenti, dietro la facciata del principato giusto e felice.
Probabilmente la colpa più grande della donna fu la passione d’amore per Iulius, figlio di Marco Antonio, il più feroce avversario di Augusto. E in base alla “lex Julia de adulteriis”, voluta proprio dall’imperatore, Giulia dovette subire prima un umiliante processo e poi la condanna all’esilio perpetuo. Non le fu consentito neanche di assistere ai funerali dei figli e del padre.
Una sorte terribile, che non aveva tenuto conto del suo breve matrimonio con Marcello, figlio della sorella di Augusto e morto giovanissimo; né dell’unione con Agrippa, l’ammiraglio di Azio, stimato collaboratore del principe, con il quale aveva avuto Caio e Lucio, adottati per la successione e periti nel fiore degli anni in circostanze sospette.
Meno di tutte le giovò l’imposizione del matrimonio con Tiberio, figlio della matrigna Livia, sempre lontano con le sue legioni, che con il suo disinteresse spalancò le porte già aperte dell’adulterio.
Bella, colta, di gusti raffinati, Giulia era una donna piena di voglia di vivere, per educazione e sensibilità pronta a recepire le avanguardie culturali, ma anche a nutrire le speranze, le passioni e la voglia di non rassegnarsi alle imposizioni e alle etichette.
Una donna libera, insomma, femminista “ante litteram”.