Giorno: 28 settembre 2015

Marisa Bellisario… una leadership tutta al femminile!

Paola Chirico

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Marisa Bellisario (Ceva (CN), 1935 – Torino 1988), tra le figure più rappresentative della  storia M_bebb6b7c75 dell’imprenditoria italiana, è una donna che mi ha sempre affascinato, soprattutto per essere riuscita a raggiungere posizioni di prestigio rimanendo sempre se stessa e conservando le sue caratteristiche femminili in ambienti notoriamente maschili.

Laureata in discipline economiche all’Università di Torino nel 1959, si trasferì a Milano, dove, al suo primo colloquio di lavoro alla divisione elettronica della Olivetti, le fu proposto di lanciarsi nell’esplorazione dell’elettronica nel nuovo mondo dei computer. E lei raccolse la sfida.

Nel 1965 andò in America, dove doti, professionalità ed esperienza maturata negli ambienti aziendali, la resero presto indiscussa protagonista della Honeywell. Fu un’ascesa talmente brillante che nel 1979 venne invitata ad assumere la presidenza della Olivetti Corporation of America.

Fece ritorno in Italia nel 1981 per assumere la responsabilità della Italtel, un complesso di ben 30 aziende, che in quegli anni viveva una fase di acuta regressione. Marisa Bellisario aveva contro la politica aziendale e i sindacati che non credevano alla ristrutturazione, mentre la stampa scriveva che era stata scelta una donna per rendere più soft la chiusura del complesso. Riuscì, invece, nel miracolo di trasformare un complesso di fabbriche da rottamare in una moderna azienda elettronica.

Cambiò 180 dirigenti su 300; avviò progetti innovativi che, suscitarono interesse anche negli Stati Uniti; portò in tre anni il fatturato a 1300 miliardi con un cospicuo attivo; ottenne il consenso dei sindacati al suo piano di ristrutturazione e, soprattutto, la benedizione dei lavoratori.

La Bellisario aveva intuito che una grande azienda moderna non si evolve, né si guida senza una profonda rivalutazione dei
rapporti umani. Non più gerarchie burocratiche, ma gerarchie di merito; non più dipendenti, ma collaboratori, tutti, dai livelli più bassi fino ai vertici dell’azienda. Sfogliando la sua autobiografia si trovano aspetti, riflessioni e considerazioni sorprendentemente attuali: “Mi criticano perché mi trucco gli occhi, tingo i capelli biondo platino, porto la minigonna, cambio pettinatua, metto i pantaloni e scelgo gioielli strani e spiritosi… La lista delle cose che, secondo loro, una dirigente donna non deve fare è infinita.Credo si riassuma nella regola che un dirigente non deve essere donna e se, per disgrazia lo è, deve nasconderlo il più possibile” (…) “Io ho fatto carriera senza imitare modelli maschili e ho utilizzato le mie qualità senza rinunciare, come donna, a nulla d’importante”.

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