“Tante Donne. Tutte di mio gusto… e altro ancora”

Oggi mi piace presentare un libro di una cara amica Vittoria De Marco Veneziano il cui titolo “Tante Donne. Tutte di mio gusto… e altro ancora” racchiude la storia di figure femminili, tutte importanti, tutte interessanti e degne di grande considerazione. Donne di ieri e di oggi, che hanno contribuito al processo di emancipazione di genere sacrificando spesso la propria libertà per costruire qualcosa che rimanesse come esempio alle nuove generazioni… Ma ora lascio parlare l’autrice che descriverà la sua opera.

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Le donne, nella storia del mondo, tranne sporadiche eccezioni ed escludendo gli ultimi cinquant’anni del secolo scorso, sono state votate al silenzio, tenute lontane dal sapere e da qualunque tipo di sviluppo intellettuale; ombre leggere nell’intimità della casa, lontane dalla scena, talvolta ausiliarie dell’uomo, tanto da lasciare delle tracce esilissime. Tuttavia molte hanno contribuito, in modo fondamentale, allo sviluppo scientifico e culturale, all’avanzamento del progresso civile e sociale nel mondo.

Questo libro vuole essere un tributo all’infinità del loro talento, un riconoscimento alla loro intelligenza. Un’opera che dedico alle nuove generazioni affinché siano consapevoli dei contributi essenziali apportati dall’altra metà del cielo, perché, per vivere l’oggi e costruire il futuro, è essenziale avere memoria del passato.

In questo testo ho incluso scrittrici, pittrici, operaie, scienziate, sante, inventrici e figure eccezionali che hanno contribuito alle battaglie per l’Unità d’Italia, ma anche donne fuori dal comune che hanno aperto la strada all’eccellenza femminile avvalendosi del cuore e della mente ed innalzando ambedue a guida dell’estro. Le donne che ho scelto sono di ieri e di oggi e non solo italiane. Tutte protagoniste di alto livello, con storie differenti – la diversità rappresenta sempre un grande valore – con estrazioni culturali e religiose varie, che di primo acchito, sembrerebbero separate da steccati, ma con comuni valori. Donne coerenti spinte dalla passione che, grazie alla loro positività comportamentale, sono riuscite a superare difficili prove – spesso pagando con la propria vita – diventando archetipi universali per tutte le altre. I profili potevano essere più numerosi. Il risultato sarebbe stato un tomo di almeno novecento pagine, pesante e scomodo da leggere in posizione di relax. Tutto ciò ha comportato tagli difficili che ho accettato con rammarico e dispiacere.

Dice bene Daniel Pennac quando afferma che “Il tempo per leggere è sempre tempo rubato al dovere di vivere”. Io che sono una lettrice onnivora e vorace, ho preso l’abitudine di portare nella borsa, o in capienti tasche delle mie giacche, un libro da leggere per ingannare il tempo… durante le tante code della vita. Un tomo, certamente, non consentirebbe tutto ciò.

Per dare voce  alle tante donne del mio libro – molte sono esempi eccezionali di emancipazione che hanno dovuto lottare contro il maschilismo – ho scelto la biografia. Ritengo che questa forma di narrazione costituisca una fonte preziosa e insostituibile per ogni costruzione d’identità. Pagina dopo pagina ho dipinto una sorta di affresco, che è  in parte sociale e perfino antropologico, con approdi a considerazioni esistenziali. Tuttavia parlare di biografie è estremamente limitativo, in realtà si tratta di profili – una trentina – e non un elenco asettico di opere, date ed eventi.

Ho cercato di costruire l’azione di queste donne fissandone i tratti fondamentali, professionali, relativi al carattere e, a volte, anche a quelli somatici. Sono “entrata” in punta di piedi nella loro vita. Ho usato l’immaginazione: il momento più importante che mi ha permesso di instaurare il mio personale legame con loro, tanto da farmele ·vedere”. Con gli occhi della mente ho immaginato la piccola figura di Grazia Deledda – era alta appena un metro e 54 centimetri – quando, ancora ragazza, si nascondeva nella soffitta di casa sua, intenta a leggere e scrivere, avvolta in un caldo scialle per difendersi dal rigido inverno di Nuoro. L’autodidatta ed anticonformista ragazza sarda riceverà il Premio Nobel per la Letteratura, fino ad oggi l’unica scrittrice italiana ad avere ricevuto il prestigioso riconoscimento. Ho “visto” Lalla Romano mentre si aggirava tra le strade della sua amata casa in Via Brera a Milano – colma di libri e di quadri dipinti da lei – dove ha vissuto per quasi mezzo secolo. Scrittrice che immagino da vicino perché nei suoi libri, fedeli compagni di giornate solitarie, ho trovato qualcosa che mi appartiene tanto da rendermeli amici e, come tali, ricorrere a loro nella circostanza del bisogno

Ritengo che nelle sue opere si possa trovare la “biografia” del genere umano. Libri di pensieri universali e di sentimenti, tanto da far riaffiorare qualcosa di antico che, ciascuno di noi, ha dentro di sé.

Ho immaginato Oriana Fallaci nella sua casa di New York, intenta alla vecchia Olivetti Lettera 32, avvolta nella nuvola di fumo dei suoi sigarilli. Lei non sapeva scindere l’azione dello scrivere dal gesto del fumare. Per Oriana, tra le due cose, c’era come una simbiosi; Lina Merlin durante il confino in Sardegna dove, colpita dalla povertà e dall’arretratezza del paese, si prodigava in particolare a favore delle donne, alle quali insegna a leggere e scrivere, trasformando la sua condanna in un’ennesima occasione di attività a sostegno del suo genere.

Per un attimo ho percepito gli occhi pieni di speranza di Maria Grazia Cutuli quando decide di lasciare la Sicilia per trasferirsi a Milano dove, pezzo per pezzo, inizierà a costruire la propria professionalità con perseveranza e passione. Ho visto, anche, il volo senza ali della bellissima Simona Atzori, una persona che ama la vita ed esprime questo suo amore attraverso l’arte, dotata anche di tanta autoironia che la fa sorridere dei limiti che gli altri, spesso, vedono in lei. Così…  con gli occhi della mente e del cuore ho immaginato Rita Levi Montalcini, Margarete Scütte Lihotzky, Olympe de Gouges, Maria Montessori e… tante altre.

Accostarsi alle opere dei Santi Cristiani è sempre occasione di arricchimento. Ho ritenuto opportuno soffermarmi sulla vita di due Sante e una Venerabile: Hildegard von Bingen, figura dalla personalità prodigiosa ritenuta fra le più importanti donne del Medioevo in Germania; Gianna Beretta Molla, icona luminosa e intensa della cristianità moderna e, la Venerabile Serva di Dio, Maria Cristina di Savoia, un esempio di religiosità, di saggezza e dolcezza insieme. Sono i Santi che fanno risplendere la Luce di Cristo, un ulteriore tesoro della Chiesa, in grado di arricchire la vita di ogni cristiano.

Ho ricordato anche donne sconosciute come le gelsominaie di Milazzo: operaie ardimentose che si sono impegnate per far valere le proprie ragioni;Rosetta Rota – promettente fisico e moglie di Ennio Flaiano, uno dei più grandi scrittori italiani del ‘900 – che rinunciò ad una prestigiosa carriera per vivere la sua vocazione materna accanto alla figlia gravemente cerebrolesa.

Ho voluto rendere il giusto omaggio anche a tutte quelle donne italiane, straordinarie protagoniste dell’Unità d’Italia, scomparse dalla memoria storica, spesso assenti nei libri scolastici e in tutti quei testi che determinarono la cultura della società. Fra le tante ho tracciato il profilo di Cristina Trivulzio di Belgioioso, Bianca Milesi e Giuseppe Bolognara Calcagno.

Soffermarmi sulla vita delle grandi donne del passato e del presente mi ha offerto l’opportunità di indagare su temi di estrema attualità: di emancipazione femminile, delle tante “ferite” delle donne e, in particolare, della violenza di genere, piaga sociale dai mille volti. Di trattare il tema dell’otto marzo: un giorno di orgoglio femminile, un giorno per ricordare l’impegno di molte donne che, spesso, hanno lavorato nell’ombra affinché fosse possibile l’uguaglianza fra i sessi. Di focalizzare l’attenzione sulla questione della “diversità”. Oggi per fortuna la cultura dell’handicap è cambiata, anche se alcune volte – rare per fortuna – la presenza dello svantaggio viene percepita come una sorta di “spina nel fianco” della nostra cosiddetta quiete fatta di immagini perfette.

È stato anche il pretesto per affrontare il tema del rispetto dell’ambiente. L’ho fatto attraverso Ellen Swallow Richards, considerata da molti la fondatrice dell’ecologia, e tramite l’ambientalista keniota Wangari Maathai: una delle figure fondamentali dell’ecofemminismo, Premio Nobel per la Pace nel 2004.

Molte delle donne trattate in questo libro – che spargono pillole di esperienza e positività – hanno avuto alle spalle una famiglia eccezionale, come quella di Simona Atzori, o un padre capace di incoraggiarne le potenzialità intellettuali. Ne sono un esempio Cristine de Pizan, Grazia Deledda, Lalla Romano.

Artemisia Gentileschi e Frida Kahlo, in particolare, hanno avuto un padre artista capace di stimolarne la carriera, un po’ com’era successo anche a Marietta Robusti, figlia del Tintoretto, e ad Angelica Kaufman. Per Artemisia e Frida la pittura è stata un mezzo per superare le difficili problematiche della loro vita. La prima, dopo aver subito la peggiore delle offese per una donna: la violenza carnale, è riuscita a superare l’oltraggio subito grazie ad un’inveterata passione per la pittura, tanto da affermare la sua personalità e a lasciare un’impronta sostanziale. La seconda, con la sua arte ed un’energia smisurata, è stata capace di volare oltre i limiti del dolore fisico. È proprio vero che la vita offre delle opportunità anche nei momenti peggiori.

Non va dimenticato il coraggio di Bernardo Viola, il padre di Franca, che si oppose alla mafia e sostenne la figlia in quella che si potrebbe definire una scelta di civiltà, nella quale sono compendiati molti elementi riformisti del costume siciliano, come la noncuranza alla perdita d’onore e la ribellione all’intimidazione di tipo mafioso.

Tutte le donne che ho raccontato in questo libro mi hanno lasciato qualcosa. Nella vita delle grandi donne del passato e del presente riscopriamo le nostre debolezze e le nostre virtù, come la capacità ad attingere – con orgoglio e senso della propria dignità – alle potenzialità tipicamente femminili: la generosità, l’intelligenza affettiva, l’abilità a immedesimarsi in un’altra persona e di calarsi nei suoi stati d’animo;  come il coraggio di non lasciarsi andare, di lottare, di comprendere, di credere nel rispetto di se stesse e di rinascere a vita nuova come l’Araba Fenice dalle proprie ceneri.

Il coraggio  delle donne. Tutto ciò lo dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni che devono avere memoria del passato, per vivere l’oggi e costruire il futuro.

La mancanza di memoria collettiva nei confronti del passato determina assenza di punti di riferimento.

Vittoria De Marco Veneziano

Paola Chirico

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